Forse non è esattamente un “buon segno” quando la
line-up di un disco rischia di essere più lunga della sua recensione, ma in questo caso la descrizione dei contenuti di “
Second glance” non ha bisogno di troppe parole, quasi tutte indirizzate a consigliare agli estimatori di UFO, Led Zeppelin, Nazareth e Whitesnake un pronto contatto con il lavoro solista di
Peter Hermansson, noto innanzitutto per essere il batterista dei 220 Volt.
Forte di una carriera piuttosto ricca e variegata (Talisman, John Norum Band, Zoom Club, …) il nostro non deve aver faticato più di tanto a radunare la pletora di celebrati professionisti che impreziosisce l’opera, mentre a sorprendere è in realtà soprattutto la sua voce, granulosa ed espressiva, intrisa di bagliori timbrici non lontani dal mitico
Phil Mogg.
Ciò detto, non rimane che segnalare la presenza di due cover non proprio “temerarie” (“
Soldier of fortune” dei Deep Purple e
“I Don’t need no doctor” “moralmente” degli Humble Pie) e tuttavia eseguite con buongusto e trasporto, a integrazione di un bel concentrato di
hard-rock grintoso e vivace, dai contorni “tradizionali” e tuttavia mai fastidiosamente manieristici.
A ben sentire, probabilmente è la componente più sentimentale del programma a conquistare in maggior misura l’attenzione, sicuramente catalizzata da “
Last goodbye”, “
Send me an angel” e “
Set me free”, ottimi esempi di sensibilità melodica e di spiccata tensione ispirativa.
Per quanto riguarda il resto esprimo una particolare predilezione per la liquida “
Angel eyes” e per il vibrante
hard-blues “
Heroes end”, per poi affidare “
Second glance” a chi nella musica cerca “sostanza” e sincerità, caratteristiche che fanno certamente parte del corposo bagaglio artistico di
Peter Hermansson.
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