La questione, quando si parla di idolatrati “veterani”, è un po’ sempre la stessa … quanto contano l’affetto, la riconoscenza e la voglia di riprovare “antiche” emozioni nella valutazione del loro nuovo lavoro?
Inutile nasconderlo, sono tutti aspetti che hanno fatalmente un “peso”, specialmente se i loro manufatti sonori sono parte integrante della nostra formazione di
rockofili, ma credetemi quando affermo che nel giudicare le prove dei
Night Ranger, da quando (da “
Qualche parte in California”) hanno ritrovato la
verve dei “bei tempi”, ogni eventuale implicazione
extramusicale è veramente ridotta al minimo.
Invidiabili nella forma fisica, nelle motivazioni e nello spirito, i nostri rappresentano ancora oggi un autentico “modello” di
hard-rock raffinato, muscolare e solare, impreziosito da una conduzione vocale che davvero in pochi possono vantare.
Bene, allora il nuovo
album è un altro capolavoro della loro discografia?
Direi di no, nel senso che non ritengo contenga canzoni veramente attrezzate per essere trasmesse ai “posteri”, eppure vi sfido a trovare nel panorama attuale, qualcosa di maggiormente positivo, "ansiolitico" e radiofonico (in senso abbastanza ampio … per certi versi potrebbe finire per attrarre anche taluni estimatori di “roba” alla Foo Fighters …) di “
ATBPO”, un disco che riesce ancora una volta a eleggere i californiani come i
Maestri della melodia espressiva, energizzante e passionale, innervata da robuste dosi di grinta sonica.
Di fronte a tanta vitalità e forza comunicativa, ogni altro sofisma diventa superfluo, e invece che impegnarsi in improbabili confronti con il passato, il modo migliore di affrontare l’albo è di farsi trascinare dal suo
feeling radioso e perentorio, a cominciare da una “
Coming for you” che, in realtà, avvia l’opera di soggiogamento sensoriale in maniera vistosa e tuttavia non particolarmente catalizzante.
Se il magnetismo dell’
opener non è pienamente esaltante, diventa poi assai difficile resistere a “
Bring it all home to me”, che palpita di tensione
hard alla maniera di una versione “elegante” degli AC/DC, o non rimanere ammirati al cospetto di “
Breakout”, un vibrante
anthem che unisce virtuosismi, ardore e creatività.
Non so dire con precisione quanto sia arduo rendere ancora efficaci i dogmi inalienabili del
rock n’ roll, ma è evidente che “
Hard to make it easy” riesce nell’impresa, allo stesso modo in cui “
Can’t afford a hero” dimostra che per non apparire stucchevoli e prevedibili bisogna avere una particolare predilezione per le ambientazioni elegiache e sentimentali.
Caratteristiche che certamente sono innate nella ricca personalità artistica dei
Night Ranger e che emergono in modo ancor più evidente in “
The hardest road”, una ballata scintillante di classe.
I barlumi
Purple-iani di “
Cold as december” e, soprattutto, “
Monkey”, si mescolano con l’inno
rootsy “
Dance” e la spigliata “
A lucky man”, mentre con la deliziosa “
Tomorrow” il gruppo congeda tutti i suoi
fans offrendo un altro imperioso saggio delle sue intatte qualità tecnico/emozionali.
And The Band Played On (ecco cosa si “nasconde” dietro l’acronimo del titolo), e lo fa senza preoccuparsi degli anni che passano, di glorie trascorse e delle attuali crisi discografiche, economiche e sanitarie … questi siamo noi e questo è il nostro presente, sembrano volerci dire, e francamente io lo trovo ancora molto appagante.