A undici anni dal debut album, i russi
Blacksword tornano sulle scene con il loro secondo full lenght, intitolato
“Alive Again”. E di seconda vita dobbiamo proprio parlare, se non proprio di terza, dato che la band nasce già nel 2005 con il monicker “Stormbringer”, ma cambia definitivamente nome quattro anni dopo, pubblicando subito dopo il debut album
“The Sword Accurst”. Un sound molto “true” caratterizza lo stile dei
Blacksword, fra sonorità Power che spaziano dai Jag Panzer ai Vicious Rumors post 1994, con alcuni passagi pieni di puro testosterone Manowariano.
In questi undici anni, lasso di tempo gigantesco, la band ha avuto diversi cambi di formazione, fra i quali il nuovo cantante Mike Livas dietro il microfono. Dotato di una voce molto eighties, Livas ha sicuramente contribuito in maniera netta alla buona riuscita di “Alive Again” che, diciamolo subito, si prospetta come un ascolto obbligatorio per chi è devoto alla causa del vero metal.
L’album però, soffre di due grandi difetti. Primo, una produzione che soffoca un po’ quasi tutti gli strumenti e che potrebbe portare alla noia dopo pochi minuti, e far sembrare i pezzi tutti uguali, con chitarre che mancano di mordente. Secondo, una parte centrale che non rispetta per nulla le aspettative che invece con le iniziali
“Iron Will” o
“Immortal Hero” sembrano portare ad un ascolto più che godibile, complice una performance vocale del già citato
Livas veramente buona. Nonostante passaggi leggermente intricati infatti, non riesce a scoccare la scintilla con la deboluccia
“Long Lost Days”, o la Priestiana
“Barbarian Born”. Sembra quasi che i
Blacksword si siano ritrovati a fine scrittura del disco con la prima e la seconda metà di quest’ultimo bella e pronta, per poi dover rimediare all’ultimo con pezzi buttati giù in cinque minuti. Il che è un vero peccato, perché come detto, sul finale con
“The Last Viking”, la possente “Titletrack”, lunga 8 minuti e dove la band riesce nel difficile compito di riuscire a tenere alta l’attenzione”, e la strumentale
“The Crown Of All”, l’album risale esponenzialmente.
Un po’ di disomogeneità non fanno assolutamente di
“Alive Again” un brutto disco, fatta eccezione la copertina da videogame, che certo non farà estrarre i famosi mutandoni di pelo dall’armadio alla conquista del proprio posto nel Valhalla, ma saprà comunque regalare un’oretta scarsa di vero metal a tutti gli appassionati.
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