Eccoci qua, ancora una volta, a parlare dei
Rage ad analizzare velocemente il loro venticinquesimo album, il nuovissimo
Resurrection Day. Ma resurrezione da cosa? Beh, dovrebbe essere l’ennesima resurrezione di una band che ha cambiato ancora formazione, che si getta in un nuovo album rinnovata, che continua a fare quello che gli piace attraversando anni, mode, cambi di componenti, crisi, Covid… Senza mollare mai! Ci sarà riuscita?
Vediamo.
Dato che, come dicevo, la formazione è nuova e che i
Rage sono passati dall’essere un trio all’avere due ragazzi giovani alle chitarre, posso ben capire l’esigenza, la voglia di dare una rinfrescata al sound, a modernizzarlo un minimo per renderlo appetibile anche all nuove generazioni ma…
Ma i tedeschi hanno purtroppo perso la bussola.
I riff e le melodie che sono sempre stati il motore delle loro canzoni uniti alle linee vocali di
Peavy, lasciano ora spazio a brani dozzinali, contaminati talvolta dal thrash (stile ultimi Kreator), da sbrigativi inserti orchestrali (mai così poco curati), da nu-metal (con vent’anni di ritardo) da linee catchy, da un incedere grosso e sincopato, il tutto messo assieme in modo stridente e totalmente non amalgamato. Senza contare la parentesi folkeggiante da da sagra della porchetta ospitata sul pezzo "
Travelling Through Time".
Quasi tutti i brani presenti su
Resurrection Day sono impalpabili, gli assoli di mestiere e senz’anima, i riff si contano sulle dita di una mano, mentre il grosso delle canzoni viene lasciato a power chord, lick sentiti e risentiti e alla voce di
Peavy che porta una ventata melodica incollata su un tappeto aggressivo o, per contro, l’ugola accompagna in maniera diabolica e semi-gutturale brani scandalosi e fintamente aggressivi come "
Arrogance And Ignorance". Roba realmente pietosa. Lo dico con la morte nel cuore, sia chiaro, chi mi conosce appena o chi ha per caso visto
la monografia dedicata ai Rage su Youtube sa quanto siano importanti per me. Oddio, qualcosina in questo disco si salva, qualche momento come "
Mind Control "o alcune porzioncine di canzone, ma è troppo poco ed il risultato è un vero disastro.
La sensazione è, come detto in apertura, di voler puntare con suoni grossi, canzoni semplici e roboanti, ad una sezione di “mercato” (diciamo ascoltatori che è meglio), più giovane ma, purtroppo, perdendo per strada molti tratti peculiari della formazione tedesca.
I
Rage sono passati attraverso diversi chitarristi rilevanti nella loro storia, musicisti che hanno forgiato ed identificato differenti fasi del loro sound. Dal genio nel riffing e nel solismo di
Mannni, al talento compositivo cupo e malinconico e della coppia
Spiros/Sven, ai funambolici tecnicismi di
Smolski, fino ad arrivare ai precedenti tre album in cui
Marcos, da grandissimo fan della band, era riuscito ad inserirsi perfettamente, in grado di comporre in modo convincente secondo una linea tracciata.
Oggi, invece, abbiamo una coppia di chitarristi (
Borman e
Weber) che non sono mai incisivi, non forniscono nessuno spunto interessante e questo, unito ad un
Peavy che dopo ventiquattro album è comprensibilmente spolpato, ha portato
Resurrection Day ad avere una direzione indefinita, una mancanza di identità.
I lavori della band tedesca storicamente meno riusciti sono probabilmente Ghosts e Carved in Stone, ma se sul primo abbiamo l’aggravante di una formazione implosa durante le registrazioni, la fretta e molte incertezze, sul secondo una certa mancanza di ispirazione (che pubblicando dischi a raffica può presentarsi), su
Resurrection Day abbiamo un fallimento nella fase di rilancio della band, il che è parecchio grave.
Delusi? Certo! Il voto è troppo basso? Non credo. Oggi come oggi tutti gli album sono suonati bene ed hanno suoni potenti, quello da valutare è la qualità delle canzoni, come si collocano, cosa ti lasciano, quanta voglia hai di riascoltarle. Di questo
Resurrection Day non mi è rimasto nulla e probabilmente abbiamo a che fare con il disco più brutto in trentasei anni di carriera. Spiaze.