Carissimi Lettori,
Siete particolarmente affezionati a quell’inconfondibile sound tipico degli anni ’80, caratterizzato da una miscela esplosiva di hard rock a fortissime tinte melodiche e heavy metal “old school” infarcito di barocchismi e fraseggi neoclassici?
Beh, in tal caso fidatevi, i
Perpetual Etude fanno indubbiamente al caso vostro!
La band, proveniente dalla Svezia, e capitanata dal bravo chitarrista
Magnus Mild, in cui spicca anche la presenza di una vecchia conoscenza del panorama metallico svedese, ossia il virtuoso tastierista
Kaspar Dahlqvist (ex, tra gli altri, di Dionysus, Ilium, Treasure Land, Stormwind ed attualmente negli Shadowquest), esordisce sul mercato discografico con
Now Is The Time, che si rivela un debutto, tutto sommato, convincente.
L'album infatti, dalla durata relativamente breve (32 minuti), va subito dritto al punto riuscendo, senza tanti fronzoli, nel suo intento di riesumare, in ottica moderna, ma con vigore ed entusiasmo e forte altresì di una produzione pressoché perfetta, scelte stilistiche appartenute ad epoche lontane, ma tuttavia sempre efficaci.
L’ascoltatore si ritrova cosi, sin dall’iniziale
I’ve Got The Power, a contatto con un sound fortemente debitore nei confronti del classic hard rock/heavy metal tradizionale, in cui energia e melodia vanno a braccetto armonicamente, senza pestarsi i piedi, mentre nelle successive tracce, da
Show Me a
Once We Were One, fino alla conclusiva
Our Love, fanno la loro comparsa le caratteristiche atmosfere malmsteeniane (considerando le origini della band non potrebbe essere altrimenti!), arricchite dai tradizionali fraseggi neoclassici, ben interpretati da chitarra e tastiera ed enfatizzati ulteriormente dal bravissimo vocalist
Kristian Fyhr che ricorda, per stile ed interpretazione, qualsiasi singer abbia collaborato in passato con “Sua Maestà Yngwie” (da Mark Boals a Goran Edman, passando per Michael Vescera e Jeff Scott Soto ecc...) durante gli anni d'oro del guitar hero svedese, molto tempo prima che quest'ultimo rimanesse vittima delle sue manie di grandezza che recentemente lo hanno convinto a spacciarsi perfino per cantante!
Tornando alla prima fatica discografica dei
Perpetual Etude, sia chiaro, non siamo dinnanzi ad un masterpiece del genere e inoltre, ribadiamolo una volta ancora, la band non inventa nulla rispetto a quanto già conosciamo, ma è altrettanto vero che l’album è suonato bene, le tracce rivelano un processo di song-writing assai ispirato, essendo partorite dalle menti di musicisti di gusto e talento.
Pertanto, a conti fatti, perfino quella sgradevole, ma inevitabile, sensazione di “già sentito” viene facilmente aggirata dalla passione con cui i nostri curano le melodie e, nello stesso tempo, macinano riffs, assoli, fraseggi e sezioni ritmiche più o meno martellanti, per cui, Carissimi Lettori:
se volete passare una mezzoretta spensierata in compagnia di buona musica, non troppo impegnativa, e che vi ricordi con affetto e leggerezza (e anche con un pizzico di malinconia) i bei vecchi tempi, il mio consiglio è:
Now Is The Time!