Raccontami dell'apocalisse, della fine del mondo, di quello che a breve succederà a tutti noi.
Rendimi edotto del dolore che sta arrivando, della desolazione, del non ritorno.
Come dici? Se sento i latrati del demonio al di là dell'orizzonte?
Sì, li sento eccome, sono tremendi e, perdonami, così seducenti.
Anche questo odore di marciume, pesci andati a male, uova spiaccicate a terra, sangue dalle orecchie.
Sta arrivando, la morte è già qui.
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Oblique"
Giro giro tondo
Casca il mondo
Casca la Terra
Tutti giù per terra
Ma la Terra non c'è più e nemmeno la terra, ora sei dentro di lei, la terra, sei sotto di lei.
Sei tu stesso terra e quando lo capirai, sarà troppo tardi.
Non c'è via di fuga, puoi grattare, cercare di scavare, a mani nude, con la pelle che ti salta via e la carne
che si spappola e le ossa che si frantumano.
Prova, prova a farlo ma domandati sempre questo:
stai scavando dalla parte giusta?
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Prove It"
Le uniche parole che sentirai, non le capirai.
Saranno in una lingua che suona antica, velocemente superata da tutte le urla.
Queste sì che sono, che saranno presto l'unico linguaggio universale per un pianeta morente.
Urla da ogni dove, un unico lamento, un eterno soffio di vento. Di morte.
Sei parte di tutto questo, hai voce, silenziosa, in capitolo?
Sì.
Sei colpevole.
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Did You Have Something To Do With It"
Quando le ceneri si adagiano dappertutto, ogni cosa assume un colore solo.
Che sia grigio, che sia nero, che sia bianco, poco importa.
E' tutto lo stesso desolante panorama, una cartolina mai spedita, un affaccio sull'abisso.
E tu sei parte di questo, sei morto ma non lo capisci ancora, sei solo, l'unico rimasto, la tua pelle è trasparente, la tua carne è un ricovero per animali primitivi.
Le tue ossa, sbriciolandosi, andranno ad unirsi alle ceneri: un amplesso post atomico.
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Denial"
Ti ricordi quando sognavi una vita tranquilla, stereotipata, tutta casa, famiglia, lavoro e tanti bei quadretti sul camino e sparsi per la casa, su quelle pareti color lavanda?
Ti ricordi dei pranzi domenicali che avresti voluto fare, con le vostre due famiglie tutte felici attorno allo stesso tavolo?
Ecco, smetti di ricordare, perché hai sbagliato a puntare le tue fiches.
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Far From Ideal"
Vagare per un mondo che non ti vuole più non è facile.
Cercare cibo, acqua, riparo, non è facile.
Sperare di trovare altri come te, semplicemente vivi, è un'utopia che non ti puoi permettere.
Sei dentro ad una scatola di vetro, sei in prigione, sei la solitudine fatta persona.
Fatta, ma quasi disfatta.
Non è facile, non lo è mai stato.
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It's Really Complicated"
Meditare su una roccia, lì in alto, dove puoi vedere meglio la linea dell'orizzonte.
Sei il Pensatore di Rodin, caduto in disgrazia; cervello vuoto, o secco, che cambierebbe?
Cerchi conforto nei tuoi pensieri? Fai pure.
Non sei un atleta, non sei in grado di gestire lo sforzo, non sei nulla.
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Mental Gymnastics"
Il tuo cammino giunge alla fine.
La delusione che hai generato è tantissima.
Sei lo stesso moccioso che pisciava nel letto, sei lo stesso che aveva paura persino della propria voce, sei l'inetto che faceva cadere sempre il gelato a terra.
C'era preoccupazione per te, forse qualcuno di noi la prova ancora, ma tirando le somme, la delusione vince.
Puoi tornare indietro, se vuoi, a noi non importa nulla.
Nonostante tutto.
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We Are Really Worried About You"
Divide And Dissolve, sono un duo,
Takiaya Reed (sax e chitarre)
Cherokke, e
Sylvie Nehill (batteria), Maori.
Tra le loro terre di provenienza, entrambe martoriate dalla violenza e dall'azzeramento di qualsiasi diritto sociale e civile, c'è un oceano Pacifico mai così grande, oscuro, nervoso, crudele.
Il sound delle due donne è violento, viscerale, sferza l'aria con melodie malsane, mentre il drumming si fa caotico ma mai perso tra i punti cardinali di un songwriting lucidissimo e chirurgico nel gridare con una voce che sa di post atomico.
C'è del drone, del doom, del jazz, del tribalismo, tutto mescolato benissimo e servito in una pinta di vetro lercio.
Tutto intorno, solo mosche a banchettare, fino alla fine del mondo.
Un disco bellissimo, che in soli 34 minuti mostra una sequenza di tele bianche dove ognuno di noi può proiettare il proprio dolore.
Perché siamo tutti composti di dolore.