A fronte di una produzione di 7” ed EP praticamente sterminata (a memoria mi sembra che solo gli storici grinder belgi
Agathocles ne abbiano rilasciati in misura superiore) i gloriosi veterani del death metal underground a stelle&strisce
Nunslaughter hanno sempre centellinato le produzioni sulla lunga distanza.
“Red is the color of ripping death” è, infatti, il quinto full lenght della band capitanata dal carismatico
Don Of The Dead - il quinto dal 1987 per capirci meglio – e basta l’attacco dell’opener
“Murmur” per capire che nel cuore dei deathster americani brucia ancora tanta passione ed energia.
L’attitudine punkeggiante ed hardcore della band ha radici lontane che risalgono agli albori della scena death e ciò si traduce nel fatto che le canzoni siano dirette, feroci e di breve durata, sostenute da una struttura agile che consente una precisa replica quando eseguite in sede live.
I
Nunslaughter si lasciano andare alle tipiche variazioni sul tema, giocando con l’ascoltatore nel proporgli una alternanza fra veloci schegge metalliche impazzite (v.
“Beware of god”, “Murmur”, “Below the cloven hoof”, “Broken and alone”) la cui durata difficilmente sconfina i due minuti di durata e brani più cadenzati, ed altre dal mood più cadenzato, meno frenetico, in cui si può riscontrare una predisposizione all’inserimento di contaminazioni vicine al doom (ed a un certo approccio primissimi
Autopsy) come
“Banished”, “Black cat hanging”, “Casket lid creaks”.
Ma il vero punto di forza di
“Red is the color of ripping death” sta nel suo esser fresco ed attuale, nel suo risultare solido e competitivo e nel saper trasmettere quella sana violenza iconoclasta che dovrebbe sempre ardere all’intero di in un disco death metal.
Infine, nota di merito va al batterista
Wrath, musicista agile dietro le pelli sia quando si tratta di spingere al massimo, sia quando passa a ritmi più cadenzati o nel d-beat, ed ormai completamente calato nel ruolo a lungo occupato dal compianto
Jim Sadist.
Don ha scelto la persona giusta.
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