A quasi due anni di distanza dal precedente
"Rest In Violence", i tedeschi
Bonded mostrano di avere ancora le idee ben chiare e un songwriting ancora ispiratissimo, che si manifesta appieno nel nuovo
"Into Blackness", secondo lavoro inoltre ad uscire sempre per la
Century Media Records. Vuoi infatti la voglia della band di tornare in sede live, o dell'impossibilità da parte di quest'ultima di poter promuovere a dovere il loro primo album causa pandemia, i
Bonded non mostrano affatto di aver scaricato le pile, anzi, tutto il contrario.
Nati già nel 2018 su iniziativa di
Bernemann e
Makka, rispettivamente chitarrista e batterista, dopo il licenziamento dai Sodom nel Gennaio di quell'anno, il gruppo non ha faticato a trovare dei musicisti con i quali lavorare in sintonia e senza attriti, trovando in
Ingo Bajonczak (Assassin),
Christos Tsitsis (Exarsis), e
Marc Hauschild dei compagni di ventura assolutamente affidabili e affamati.
Non è mai stato detto esplicitamente il motivo del licenziamento di
Makka e
Bernemann dai Sodom, e neanche loro dall'altra parte non hanno mai dato annunci ufficiali, e da una parte questo è sicuramente un bene. Se infatti mettiamo per un attimo da parte quella tendenza che da un po' di anni nella scena metal sta prendendo sempre più appiglio, cioè quella della telenovela con punzecchiature da una parte, ribattute dall'altra con messe in mezzo dei parenti di uno, o dell'altro che mi ha abbassato il volume dell'amplificatore per dispetto, e altro...quello che parla alla fine è la musica. E in
"Into Blackness" di musica, di buona musica, ve ne è veramente tanta.
I
Bonded proseguono sulla stessa scia del precedente album, senza però per questo ripetere la medesima formula all'infinito. Produzione volutamente retrò, copertina senza tanti orpelli e fronzoli, e 11 tracce che filano una meglio dell'altra. La band punta su un thrash metal vecchia scuola, ma non per questo disdegnando apertura melodiche, come nelle già presentate nei precedenti mesi
"Into The Blackness Of A Wartime Night" e
"Lilith (Queen of Blood)", quest'ultima più aggressiva e in your face. Volendo fare dei richiami, si sentono delle influenze degli ultimi Death Angel in
"Destroy The Things I Love", ma sono comunque delle piccolezze che non mettono in ombra le tiratissime
"Way Of The Knife" e
"Watch (While The World Burns)". La voce di
Ingo Bajonczak risulta azzeccatissima per il sound verso il quale i
Bonded hanno deciso di virare, secco, diretto. E così è la sua voce, acida, asciutta, pronta solo a far uscire tutta la sua rabbia. Lavoro alle chitarre poi svolto eccellentemente, con alcuni assoli veramente degni di nota, di cui segnalo quello presente su
"The Holy Whore", e su quella sfuriata che prende il nome di
"The Final Stand".
Giungendo alla fine dell'anno non ci aspetta mai qualcosa che possa più colpire, ma non fatevi trarre in inganno.
"Into Blackness" è un lavoro assolutamente degno di nota, consigliato ai puristi di un thrash metal che più old school non si può, e che non mancherà di farvi premere una seconda volta play arrivati alla fine. Io personalmente sono arrivato anche alla terza. E alla quarta.
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