Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2021
Durata:86 min.
Etichetta:Reprise Records

Tracklist

  1. PAIN WITH AN ANCHOR
  2. THE CRUX
  3. SICKLE AND PEACE
  4. MORE THAN I COULD CHEW
  5. THE BEAST
  6. SKELETON OF SPLENDOR
  7. TEARDRINKER
  8. PUSHING THE TIDES
  9. PEACE AND TRANQUILITY
  10. DAGGER
  11. HAD IT ALL
  12. SAVAGE LANDS
  13. GOBBLERS OF DREGS
  14. EYES OF SERPENTS
  15. GIGANTIUM

Line up

  • Troy Sanders: bass, keyboards, vocals
  • Brann Dailor: drums, vocals
  • Brent Hinds: guitars vocals
  • Bill Kelliher: guitars

Voto medio utenti

Ecco che dopo quattro anni di distanza dal precedente “Emperor Of Sand” tornano gli americani Mastodon.
Io sono un fan della prima ora, li seguo in dall’esordio “Remission” e reputo che abbiano raggiunto il loro apice con lo stupendo “Crack The Skye” dove hanno mostrato il lato più prog del loro spettro musicale.
Ora tornano con il nuovo album, un lavoro della durata di ben un’ora e mezza ma che non annoia, anzi; il disco è pieno di stratificazioni, colpi ben assestati sempre in bilico tra seventies, squarci heavy e profumi progressivi.
Si parte con ”Pain with an anchor”, brano tipico dello stile dei nostri tra parti ritmate ed altre più riflerssive con Sanders, Dailor e Hinds a dividersi le parti vocali sfruttando le armonie.
Qui all’interno c’è anche un bell’intermezzo aggressivo e potente, ottima apertura.
Altrettanto potente è il secondo brano “The crux”; un vero pugno prog metal diretto e aggressivo, difatti i nostri non badano molto alla forma ma alla sostanza, dove tecnica non fa solo rima con virtuosismo ma anche con emozione.
Ve lo spiego subito; in questo frangente abbiamo due livelli, uno più tagliente con riff spessi e selvaggi e ritmi vorticosi creati da continue rullate e graffianti interventi vocali in sottofondo, il secondo invece più malinconico e riflessivo con un bel solo caldo condito da parti vocali pulite.
The beast”, dato il titolo dovrebbe essere un brano violento; sbagliato, perché qui l’anima dei nostri sfodera un piglio rock lento e acido aperto da chitarre acustiche e un che di blues.
Poi ecco che tutto prende una piega aggressiva nel mezzo con chitarre più livide e taglienti e un grande assolo chiudendo il cerchio in un mood rilassato.
Skeleton of splendor”, è un brano dove l’anima floydiana salta fuori; composizione acustica che mostra una vena malinconica.
Gli arpeggi e il tono vocale hanno un mood intenso corredato da uno stupendo assolo di tastiere che richiama il Rick Wright del periodo “Wish You Where Here”.
Teardrinker”, ti rapisce con un grande riff iniziale; mid tempo dalla vena più rockeggiante ma che ha un chorus che ti prende l’anima, aperto e con una vena melanconica.
Attenzione perché, parafrasando il compianto Corrado, non finisce qui; il brano ha uno scatto finale nella bruciante accelerazione.
La conclusiva “Gigantium” è possente e pesante come un blocco di cemento, ma nonostante tutto le melodie vocali limpide sono un quid eccellente.
Sentitevi l’assolo che è puro prog, una bella chiusura per un platter di gran gusto.
Un disco ispirato dove il quartetto non cerca di strafare o di trovare strane alchimie proseguendo coerente alternando potenza a delicatezza, bravi!
Recensione a cura di Matteo Mapelli

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