Anti è una band di culto in ambito depressive black metal, ma per una volta, il suo status non dipende da chissà quale strana particolarità, ma tale devozione è dovuta interamente alla clamorosa qualità dell'album di debutto targato 2006,
“The Insignificance Of Life” … chi ha avuto modo di ascoltare l'album non potrà non convenire che si tratta di un'opera unica nel genere grazie ad un sound si disperato, ma altrettanto carico di pathos e tensione … tornare a quindici anni di distanza è un bel rischio per la propria “reputazione” , ma per fortuna questo nuovo album omonimo, non solo non fa rimpiangere il predecessore ma in un certo senso lo sorpassa pure in qualità … Personalmente sono un estimatore di
“The Insignificance Of Life” per cui mi sono avvicinato all'ascolto di quest'album con molti timori e un po' di preconcetto ma quando le prime note di
“Unattainable Soil” deflagrano, è subito deja vu , grazie ad un pezzo sofferto ma sostenuto nella parte iniziale che si fa man mano più cadenzato ed atmosferico e che richiama facilmente alla mente
“Nothing” opener del debut album. Una volta ripreso confidenza con il sound di
Anti con la seguente "Let's Call It A Life" giunge subito il momento di tuffarsi in uno dei pezzi migliori dell'album dove la componente “depressive” è determinata da melodie tristi e “uggiose” , almeno fino a metà pezzo quando un'accelerazione improvvisa e rabbiosa lascia presagire una rinascita/riscatto, e invece la constatazione del fallimento è ancor più schiacciante, deprimente e tangibile, tale da lasciare un segno indelebile nell'animo dell'ascoltatore … Di portata emozionale altrettanto profonda è
“5:03” (già pubblicata come singolo "strumentale" nel 2020) un pezzo che definire stupendo è senz'altro riduttivo ma calzante, visto che l'ascolto vi lascerà inebriati e di stucco, in preda ad una sorta di sindrome di Stendhal uditiva … esattamente come
“I Am...” il pezzo che può certamente essere preso a manifesto dell'album, che è una sorta di ibrido tra
“Dracul va Domni Din Nou in Transilvania” dei
Marduk e i
Satyricon "Now Diabolica" era , il tutto rivisto, corretto, ingrigito e perfezionato dal “gloomy mood” della band. Ottimo il lavoro vocale di A. Krieg che impreziosisce tutti i brani con una prestazione maiuscola e dal forte coinvolgimento emotivo, grazie sia ad uno screaming disperato ed unico, ma udibile e calzante, che a delle vocals pulite che mi hanno vagamente ricordato un
A.A. Nemtheanga (dei
Primordial of course) in salsa più angosciosa che epica … Complessivamente ho avuto l'impressione di trovarmi di fronte ad un album che più che propriamente depresso (o depressivo) è piuttosto violento ed istintivo nelle sue deflagrazioni rabbiose e disperate che stralciano le pesanti melodie dell'album sempre interamente votate al grigio e al malessere di vivere … “Anti” è un album molto spontaneo, irrazionale e incontrollabile, reale traspirazione musicale di un animo afflitto dall'eterna lotta dei propri demoni interni, alla continua ed inutile ricerca della pace interiore che solo La Fine potrà dare … statene alla larga ...
- I AM THE BLADE WHICH ENTERS YOUR SKIN -
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