Ho la sensazione che negli ultimi tempi i guitar hero siano rimasti un po' in disparte, e ultimamente, salvo la collaborazione Smith/Kotzen, me ne erano capitati ben pochi tra le mani.
Tra questi, il quarto album del chitarrista brasiliano
Kiko Shred, che in collaborazione con la
Pure Steel Records dà alle stampe l'album "
Kiko Shred's Rebellion", con l'intenzione di uscire dal circolo vizioso dell'album solista e di dare vita ad una vera e propria band.
Nel curriculum del chitarrista, spiccano collaborazioni con Tim "Ripper" Owens, Michael Vescera, Leather Leone, André Matos, Blaze Bayley, Udo Dirkschnider e Doogie White, e di tutto questo ci sono diverse tracce sul disco, incastrate e cementate tra loro, dal guitarwork di
Kiko.
Il cantante
Ed Gadlin, se la cavicchia benino nella spedita opener "
Mirror" (vicina allo stile degli Angra) e poi su "
Rainbow After the Storm" (maggiormente helloweeniana), anche se qua e là va in affanno, come avviene nel corso della rockeggiante "
Voodoo Queen" o della stessa titletrack, chiaramente d'impostazione neoclassica, dove è comunque l'estro di
Kiko a fare la differenza. E soprattutto la fa la presenza al microfono di
Doogie White sulla successiva "
Thorn Across My Heart", decisamente più votata all'Hard Rock.
Certo,
Kiko non rinuncia assolutamente all'esposizione solista, ed eccolo sbrodolare tecnica e note - ma anche un discreto feeling - lungo "
Mors Non Separabit" e "
The Hierophant", con i due episodi strumentali che forse rappresentano i momenti più riusciti del disco, dato che nelle prove collettive i nostri danno l'idea di essere un po' contratti e, infatti, sembrano andare davvero a briglia sciolte solo nella conclusiva "
Information War", dove li scopriamo rincorrere i migliori Stratovarius.
C'è ancora da lavorare per completare il passaggio verso quella che vorrebbe essere una vera band e non solo la proposta solita di
Kiko Shred.
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