Ragazzi, che bomba!
E chi se lo immaginava dopo ben 14 anni (si, avete letto bene, 14!!) di silenzio assoluto???
Il ritorno degli
Insania da Stoccolma, indimenticati svedesoni alfieri del power metal nordeuropeo, autori, in passato, di almeno un paio di dischi, quali "Sunrise In Riverland" (2001) e "Fantasy" (2003), che hanno infranto parecchi cuori tra gli amanti del genere, ha, per qualità musicale proposta, freschezza, ispirazione e, considerando le premesse tutt’altro che rosee degli ultimi anni, a dir poco, del clamoroso!
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire cos'è accaduto in questo lasso temporale.
Era il 2007 quando uscì “Agony – Gift Of Life”, quarto ed ultimo album (forse anche il meno bello, a causa del precedente split coi 2 chitarristi storici) della band di cui, da quel momento in poi, si seppe poco o nulla: si diceva che il combo svedese fosse ad un passo dallo scioglimento, si vociferava addirittura che, a un certo punto, fosse rimasto a farne parte solamente il tastierista
Dimitri Keiski.
Invece fortunatamente, con il trascorrere del tempo, i nostri iniziarono a rimettere insieme i pezzi, dapprima recuperando lo storico chitarrista
Niklas Dahlin (uscito dalla band dopo “Fantasy”), che affianca l’altro axeman
Peter Östros (che invece, per uno strano scherzo del destino, gli era subentrato nel 2003!).
Ripristinata anche la storica sezione ritmica, con i soliti
Tomas Stolt al basso e
Mikko Korsbäck alla batteria, mancava solo un vocalist che potesse raccogliere la pesantissima eredità di
Ola Halén; impresa ardua, quasi impossibile, considerando il timbro particolarissimo del singer svedese, molto simile a quello di Kiske o Kotipelto, tanto per capirci. E cosi, mentre a fine 2019, come un fulmine a ciel sereno, viene dato l’annuncio che gli
Insania stavano lavorando ad un nuovo disco, generando tra i nostalgici dei tempi d’oro del genere, un altissimo (quanto giustificato) entusiasmo, smorzato immediatamente dai soliti ritardi, dovuti a covid e disguidi di ogni tipo (primo fra tutti ovviamente, l’assenza di un cantante), giunge la notizia che nessuno si aspettava: incredibile ma vero, a inizio 2021, lo stesso
Ola Halén decide di tornare sui suoi passi, ricongiungendosi alla band, per il bene di entrambi, e dunque, a line-up finalmente completa ed a circa 2 anni dall’annuncio del nuovo lavoro, ci ritroviamo finalmente a celebrare il quinto full-length degli
Insania, intitolato appunto,
V (Praeparatus Supervivet) uscito per
Frontiers Records alla fine di questo 2021.
Il ritorno discografico della formazione svedese è un vero e proprio inno alla “GLORIA CHE FU”, una totale immersione melodica in sonorità dal sapore magico, appartenute ad un tempo mai dimenticato, un'infinita danza power, che rende omaggio, tanto ai titani del genere (Helloween e Stratovarius in primis), quanto al passato degli
Insania stessi, ripescando a mani basse dai capolavori della band, come i già citati "Sunrise in Riverland" e "Fantasy".
Praeparatus Supervivet, pressochè perfetto a livello di produzione, fa capire da subito le ottime intenzioni dei nostri, smaniosi di dimostrare al mondo intero di essere tornati in grande spolvero, sin dall’iniziale title-track, classico pezzone "power old school". Il disco si snoda poi attraverso momenti più epici, come la monumentale e più cadenzata (si tratta dell'unico mid-tempo presente nel disco)
Promethues Rise, altri più tradizionali, come
Solur (dove sembra di scorgere degli echi riconducibili ai Metal Opera Avantasiani) o ancora
We Will Rise Again e
Blood, Tears And Agony (di matrice chiaramente Stratovarius), passando per
Entering Paradise e
My Revelation (dove emergono alcuni richiami sia agli Edguy che ai primi Sonata Arctica), mentre le stupende
Moonlight Shadows,
Power Of The Dragonborn o l’elegante
Like A Rising Star colpiscono per intensità e freschezza. Ascoltando tutte queste tracce, si ha come la sensazione di venire catapultati improvvisamente indietro nel tempo, a fine anni ’90, quando il power metal europeo era anche fantasia e sogni, non solo velocità, quando la creatività era al suo massimo splendore, quando musicalità e sostanza andavano a braccetto senza pestarsi i piedi, risvegliando le emozioni più intime dell'animo umano ed il dragone che giaceva sopito nel profondo di ognuno di noi, stimolando immaginari viaggi mentali e regalando emozioni genuine!
Il disco viene poi chiuso da un altro brano monumentale, intitolato
The Last Hymn To Life, pezzo in cui tutto funziona a meraviglia: melodia, incisività, fraseggi ed assoli neoclassici, sezione ritmica tirata, botta e risposta tra chitarre e tastiera, cori e refrains maestosi, insomma si tratta del sunto perfetto di quanto ascoltato nelle 10 canzoni precedenti, la chiusura ideale dell'immaginario sipario che cala su questo fantastico ritorno, tanto clamoroso, quanto inaspettatamente bello, perché partorito col cuore e con la pancia, non imposto da fattori esterni.
Praeparatus Supervivet è una vera e propria gemma, un lavoro sentito, genuino, che funziona perfettamente, grazie alla sua spontaneità e a delle composizioni melodiche particolarmente indovinate, impreziosite dall'ugola d'oro di
Ola Halén che, dal canto suo, non ha perso un briciolo della propria estensione vocale.
Con questo album gli
Insania sembrano davvero aver fermato il tempo, riprendendo il filo di quel discorso interrotto quasi 20 anni fa. Se si chiudono gli occhi, soffermandosi al semplice ascolto, ignorando l'aspetto visivo, ovvero le foto (e i video) che mostrano i vari membri impietosamente invecchiati, si avverte davvero la sensazione che i nostri non abbiano mai abbandonato le scene; la loro ispirazione e soprattutto l’entusiasmo che li ha sempre animati, sono rimasti intatti in tutto questo tempo ed il risultato è palese e viene racchiuso in un disco che regala emozioni difficilmente descrivibili a parole.
Bentornati “
Insania Stockholm”... Il metal ha ancora dannatamente bisogno di voi!!!