Con la classica cadenza di un album all'anno, che il gruppo mantiene dal 2016, tornano sul mercato discografico i tedeschi
Dauþuz con il nuovo
"Vom Schwarzen Schmied", sempre edito dalla gloriosa
Amor Fati, nel solco della loro tradizione fatta di black metal epico, melodico, intriso di folk e dannatamente fomentante.
La ricetta del duo teutonico è sempre la stessa: chiari riferimenti al metallo nero degli anni '90, un riffing glaciale e ricco di "eroismo", cori da urlare a squarciagola, una sezione ritmica indiavolata, scream selvaggio e tanta, tanta, attitudine verso le atmosfere dal sapore medievale riproposte in maniera semplice ed efficace come pochi altri gruppi, oggi giorno, sono in grado di fare.
I
Dauþuz si dimostrano impermeabili alle mode, ci regalano otto brani gloriosi, dolci intermezzi arpeggiati e riescono, ancora una volta, a fare centro con la loro musica potente e suggestiva, sempre cantata in lingua madre e sempre ancorata alla loro terra dalla quale il duo trae ispirazione spazzando via, come una tempesta, ogni cosa grazie all'ispiratissimo riffing (date un orecchio alla clamorosa
"Der Frevel") e alla primordiale violenza che innerva ogni singola nota di un lavoro frutto di assoluta devozione alla nera fiamma nella sua declinazione più magniloquente e guerresca.
Di album così ne ascolteremo sempre di meno: fatene, dunque, tesoro e lasciate che il nostalgico ricordo di antiche battaglie cada su di noi con la sua patina disperata e sprezzante della vile modernità.
A mio avviso culto puro!
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