Jeff Kollman è un nome che sicuramente salterà subito negli occhi di molti appassionati di AOR e Rock Melodico: il biondo chitarrista infatti, si è fatto notare nel corso degli anni per aver collaborato con nomi molto amati come
Glenn Hughes e
Alan Parsons. Niente male come curriculum, non trovate? A questo aggiungiamoci anche una curiosa collaborazione nella band Funk Rock strumentale
Bombastic Meatbats con un guru del genere,
Chad Smith (
Red Hot Chili Peppers e
Chickenfoot).
Insieme a tutte queste collaborazioni di un certo prestigio, questo chitarrista ha avuto il tempo pure di fare una discreta carriera solista fin dagli anni ’80.
Ma
Jeff Kollman esattamente cosa combina nel suo ultimo
“East of Heaven”?
Tante belle cose viene da dire.
Un melange musicale fatto di schitarrate Rock, palpitazioni Fusion, strutture Prog, piccoli episodi Folk/Ambient e se questo non fosse già di suo abbastanza, anche qualche altra piccola sorpresa (come il Valzer chitarristico della seducente
“Montecatini Waltz”).
Non esattamente il classico disco strumentale che spesso e volentieri è una scusa per fare un mero collage di sbrodolii chitarristici e poco altro.
Qui invece, nonostante tra le mani abbiamo un album “chitarra-centrico” pure il basso e la batteria si mettono in mostra, accompagnando in maniera fantasiosa ma mai sopra le righe un chitarrista che per nostra (e sua) fortuna ha una grande sensibilità melodica, sicuramente appresa da anni di lavori AOR.
La struttura dell’album poi è molto furba e intelligente, facendo sì che l’ascoltatore lo segua con interesse fino alla fine visto che si alternano episodi più pesanti e virtuosi ad altri più melodici ed eleganti.
Tra gli highlits di questo lavoro cito la già menzionata
“Montecatini Waltz” con la chitarra acustica elegante e il basso irresistibile,
“67 Chevy” con quel tappetto di tastiere ed una chitarra mai troppo tagliente, la delicatezza Psichedelica della title track che è una gioia per le orecchie con le sue atmosfere così rarefatte o la grintosa e divertente
“Superstring Theory”.
Non tutto è sullo stesso livello e un paio di brani evitabili ci sono, ma per il resto credo che ci sia poco da recriminare e anzi, un po’ mi dispiace che un lavoro così valido, così ben suonato e con una certa cura per le parti melodiche (cosa mai scontata nei lavori strumentali) non riceverà l’attenzione che merita.
Se siete amanti di gente come
Joe Satriani,
Steve Vai, i
The Aristocrats o di altri artisti che si muovono su queste coordinate, beh,
fatevi un favore e date un ascolto a “East of Heaven”: potrebbe piacevolmente sorprendervi.
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