"
Brute Force" celebra il quarantennale di
Ian Parry in ambito musicale. E pazienza, se almeno per quanto mi riguarda, il cantante di Liverpool ha rappresentato l'inizio della decadenza di una magnifica band come gli
Elegy. Tanto che, se proprio devo dirla tutta, preferisco di gran lunga alcuni suoi dischi solisti ("
Symphony Of Dreams", "
Artistic License" e "
Through The Looking Glass" su tutti) a qualunque altra produzione effettuata presso la band olandese.
Sarebbe tuttavia ingeneroso, nei confronti del valente ed apprezzato cantante inglese, soffermarsi su un sentimento soggettivo, seppur (credo) ampiamente condiviso.
Rock Emporium, che giunge con questo album al suo secondo capitolo, nasce sotto gli auspici del "progetto" a cui contribuisce mezzo mondo del metal indie. E già questo non è un buon preludio. Per la qualità dei partecipanti? Assolutamente no, il livello artistico è eccellente. Per un songwriting non all'altezza? Nemmeno, "Brute Force" si barcamena su un power metal con vista su scorci hard rock/progressive ormai "risaputi", ma comunque di buona fattura.
Purtroppo, l'elemento che proprio non funziona è la voce di Ian Parry. Ed il problema è il medesimo che si presentò quando gli Elegy decisero di consegnare nelle sue mani il prezioso microfono di
Eduard Hovinga. Che debba affrontare un pezzo simil-class ("
My Confession") oppure una piece di heavy sinfonico ("
Darkest Secrets"), il frontman britannico canta sempre allo stesso modo: intonato e tecnicamente ineccepibile, ci mancherebbe, ma anche piatto, monocorde, e con un quid di coinvolgimento emotivo (almeno per l'ascoltatore) francamente non pervenuto. L'elemento più positivo dell'album riguarda la coesione del team assoldato da Parry, la cui perizia strumentale rispetta sempre i canoni stilistici dell'opera senza mai debordare in sterili protagonismi fine a sé stessi.
Quando i Rock Emporium entrano in ottica melodic power, come nell'opener "
In Isolation", non c'è molto da stare allegri: roba trita e ritrita, peraltro inficiata da un singing poco inappropriato. Meglio sicuramente "
Dreamworld" e "
Til The Day I Die", nelle quali Parry può meglio esprimere la sua naturale inclinazione verso un sound più semplice ed ammiccante. Certo, non stiamo parlando di
David Coverdale, ma tutto sommato resta un bell'accontentarsi. "Brute Force" è una collezione di materiale senza infamia, ma anche decisamente senza lode: in giro, nonostante non siano affatto anni di vacche grasse, c'è molto di meglio.
E sicuramente di più personale.
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