Ho avuto la fortuna di seguire il percorso discografico dei bergamaschi
Thunder Axe già a partire da loro primo demo, "Wild Metal", uscito nel lontano 2005, cui avevano dato seguito solo otto anni dopo, con quel "Grinding the Steel" che però non aveva centrato tutte le mie aspettative. Passano poi altri otto anni e i nostri danno alle stampe, con il supporto della
Underground Symphony, il loro secondo album, il qui presente "
Roads of Thunder".
Della formazione originale resta ormai il solo
Steve Zambelli, chitarrista dei Wicked Machine e che ricordo anche alle prese con un progetto solista (il demo "Metal in My Soul" del 2009), tuttavia il legame con il passato della band è tracciato pure dalla scelta del titolo, ripreso da uno dei più bei pezzi presenti sul già citato "Wild Metal".
Ma il vincolo più profondo è rappresentato sicuramente dalla passione per il Metal, quello più classico e legato a doppio nodo alla NWOBHM, che trasuda dai quarantasei minuti di "
Roads of Thunder", a partire da "
Queen of Despair" (marziale ed epica) sino all'outro pianistico "
For the Lasting Peace of Ours".
Nel mezzo, il concetto di base resta sempre quello: Heavy Metal to the bone. Tanta energia e grinta quindi, ben sottolineate da episodi come "
Prodigal Son", che mostra un evidente incedere maideniano (ma non è una cover dell'omonimo brano di "Killers") e dall'aggressività di "
All About Me", con limitate concessioni alla melodia ("
The Last Rhyme We'll Know" e soprattutto "
The Kingdom of Deceit"). Tutte le canzoni hanno un altro comun denominatore: la propensione dei due chitarristi a piazzare riff avvincenti e degli ottimi assoli, come riesce, ad esempio, alla priestiana "
Merciless and Creepy" o alla già citata "
The Kingdom of Deceit".
Inoltre una resa sonora ruvida e decisamente live fa solo del bene a "
Roads of Thunder" e l'unico appunto lo si può rivolgere alla prova di
Francesco Bergami, che appare poco sciolto e talvolta non esente da qualche inciampo, come nelle prime battute di "
Blood Born" o quando nel corso della robusta "
The Choice" deve salire di tono. Ma forse sono io troppo esigente visto che poi se la cava alla grande sulla canzone più intrigante del disco, la stupenda "
Vittoria", dove Metal ed Epicità vanno a braccetto, peraltro cantata in italiano, una scelta che promuovo a pieni voti, e che vedrei bene se perseguita in maniera più intensiva nel futuro.
Un futuro prossimo però... perché non vorrei aspettare altri otto anni prima di risentir parlare dei
Thunder Axe.
The Guitar is My Sword, I'll Fight 'til I Die…
Metal.it
What else?
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