Krolok - Funeral Winds & Crimson Sky

Copertina 6,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2021
Durata:36 min.
Etichetta:Osmose Productions

Tracklist

  1. BLACK LORE OF THE FENS
  2. TOWARDS THE DUSKPORTALS
  3. REPTILE ABYSS BENEATH DOWINA
  4. PATH TO THE HAUNTED RUINS
  5. UNVEILED SUBTERRANEAN TREASURES
  6. FUNERAL WINDS & CRIMSON SKY

Line up

  • Peter: bass
  • Miroslav: drums
  • HV: vocals, guitars, keyboards

Voto medio utenti

Secondo album per questo trio nato per volontà di membri degli slovacchi Malokarpatan.
E soprattutto dopo il primo album autoprodotto eccoli debuttare con questo ritorno con l’icona estrema Osmose; c’è da dire che i nostri non portano novità alcuna, la proposta musicale è un discreto black metal atmosferico a tinte vampiresche ma nulla a che vedere con gli albionici Cradle Of Filth.
Il tessuto musicale è totalmente devoto alla seconda ondata scandinava, con i Darkthrone e non solo come elementi di spicco nella volontà del trio di celebrare un’epoca passata; ah, nota di colore, se fate attenzione al nome, e siete degli scafati cinemaniaci come il sottoscritto riconoscerete l’origine; perché è direttamente ispirato alla commedia horror a tema vampiresco di Polanski del 1967 intitolata “Per Favore Non Mordermi Sul Collo” con Ferdy Maine e la compianta Sharon Tate.
Devo dire che pur non facendo nulla di straordinario, il terzetto lo sa realizzare bene; produzione scarna ma non confusionaria, scelta certamente obbligata per interpretare degnamente lo spirito dell’old school black metal.
L’opener “Black lore of the fens” si apre con un bel tappeto atmosferico di tastiere curato dal cantante e chitarrista HV; il tutto cede il passo a un up tempo serrato con la voce del singer rasposa e spiritata, all’interno anche una sorta di mezza cavalcata con rullate incorporate.
The reptile abyss beneath dowina”, è veloce con riffing black/ thrash; le tastiere punteggiano il brano e si sente l’influenza di Fenriz e co. , nella parte in mid tempo del brano; la bio cita gli Immortal, ma sinceramente non noto nulla che possa ricondurre ai demoni norvegesi Abbath e Demonaz.
Path to the haunted ruins”, è una strumentale atmosferica dove si respira un climax horror, scelta assolutamente voluta dato il concept dei nostri; le tastiere collaborano con le chitarre che intessono riffing atmosferici con parti acustiche.
Chiude il breve album la titletrack e l’atmosfera da brividi non cambia; cavalcata nerissima, cadenzata con la voce del singer riverberata e proveniente dell’oltretomba.
Il brano ha al suo interno anche influenze doom che saltano fuori nella parte conclusiva che termina con un vento selvaggio e campane a morto.
Un secondo album che pur non facendo gridare al miracolo il suo mestiere lo fa, consigliato solo agli appassionati del genere.
Recensione a cura di Matteo Mapelli

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