A differenza di
Alessandro Del Vecchio, che evidentemente, visti i suoi innumerevoli impegni professionali, deve aver scoperto i segreti della manipolazione del tempo (che sia lui l’attuale possessore del celebre
Occhio di Agamotto?), i futili obblighi del vivere quotidiano hanno talvolta il sopravvento sulla passione grafologico-musicale di questo “maturo”
rockofilo e capita quindi che l’esegesi di un’opera preziosa come “
Seminole” finisca per lasciarsi oltremodo attendere.
Scusandomi con gli
Edge Of Forever e con i lettori della
Gloria per il colpevole ritardo, sono altresì convinto che gli appassionati di
hard-rock melodico avranno da tempo “consumato” questo bellissimo disco, in cui lo schieramento italico conferma l’approccio musicale e il personale esecutivo già apprezzati nel precedente, altrettanto pregevole, “
Native soul”.
I contenuti del programma magnificano ancora una volta figurazioni melodiche accattivanti combinate con un pizzico di
grandeur neoclassica, il tutto coordinato dalla spiccata espressività della voce di
Del Vecchio, troppo spesso soppiantata, nelle valutazioni del pubblico, dalle enormi qualità di compositore del suo possessore.
Al resto ci pensano musicisti competenti e affermati, ormai pienamente inseriti nel contesto espressivo di una
band che con “
Get up your feet again” allestisce fin dall’atto di apertura del programma una miscellanea di pulsante tensione emotiva e adescante costruzione armonica, una formula vincente riproposta anche nella successiva “
On the other side of pain”, degna del migliore
Malmsteen, impreziosita da un
refrain davvero coinvolgente.
Ancora più intensa dal punto di vista emozionale appare "
Made it through”, un’esaltante celebrazione dell’immarcescibile arte Whitesnake-
iana, seguita da un’altrettanto “impressionante” "
Shift the paradigm”, radiosa combinazione tra Van Hagar e Journey (o Revolution Saints, se preferite …).
A rinnovare l’inoppugnabile verbo di Rainbow e
Ronnie James Dio ci hanno provato in molti, e se “
Another salvation”, “
Our battle rages on” e l’enfasi esotica di "
Wrong dimension” rappresentano tre dei tentativi maggiormente riusciti di tale ardua impresa, è solo grazie ad una cultura e a una sensibilità fuori dal comune, la stessa che consente a “
Breath of life” di essere un momento passionale in cui il
rockofilo potrà crogiolarsi senza gli subire gli effetti negativi della
routine o i rischi di un deleterio eccesso glicemico.
Con la
suite in quattro movimenti che dà il titolo all’albo gli
Edge Of Forever innalzano ulteriormente l’asticella della classe e delle ambizioni, aggiungendo Kansas e Magnum all’elenco dei loro nobili numi tutelari, per una volta, ne sono certo, compiaciuti e appagati di aver contribuito a costruire la radicata personalità di un gruppo ormai giunto a un invidiabile e inattaccabile livello di maturità espressiva.
Un apparato concettuale che esorta, basandosi su esperienze autobiografiche, a sfruttare le sconfitte per fortificare la propria determinazione e resilienza giunge infine ad amplificare il significato artistico di “
Seminole”, la conferma inappellabile della presenza degli
Edge Of Forever nel
gotha degli eletti del settore.
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