I ravennati
Cripta Blue sono attivi solo da un paio d'anni, ma il trio è composto da gente che frequenta da tempo l'underground hard'n'heavy nazionale (Desert Wizard, Rising Dark, Talismanstone). Il loro debutto omonimo esce per la stimata
Argonauta Records e si colloca nel territorio del retro-vibe rock, con un taglio che spazia dall'heavy-blues all'acid-psych. Qualcosa tra i Blue Cheer ed i Wo Fat, ma che evidenzia il timbro della piccola scena nostrana (mi vengono in mente ad esempio Black Rainbows, Ojm, i primi Wicked Minds).
Solido e torrido groove guidato dal basso roccioso di
Andrea Giuliani, elementi psichedelici settantiani e perfino richiami al proto-heavy Nwobhm, ci sono tutti i giusti tasselli per un gustoso viaggio nel rock più magnetico e stordente.
L'immaginario alla base di tutto è una sorta di horror-biker alla Ghost fatto di autostrade spettrali, Cavalieri dell'Apocalisse motorizzati, Harley-Davidson fiammeggianti e sinistre presenze al margine della percezione, ma il sound è caldo ed avvolgente sul genere di una stoner-band. Il giro torbido ed ipnotico di "
Mournin' pyre", con le sue venature acide e la voce da crooner di
Giuliani, chiarisce subito che questo sarà una immersione nel vintage-rock di ottima qualità.
La pulsante e up-tempo
"Magickal ride" profuma di Pentagram e Saint Vitus (una sorta di doomy-blues), mentre lo stoner incalzante di "
Tombstone" vede la presenza alla voce di
Ricky Dal Pane (Witchwood). Tantissimo groove da scapocciamento in "
Creepy eyes", che è un classico psico-rock contemporaneo ma eseguito con perizia, invece "
Spectral highway" ammorbidisce e rallenta le cadenze in senso più occulto e misterioso. Una sorta di dark ballad dal fascino notturno e ritualistico.
"
Death wheelers" cerca di essere trascinante e perfino orecchiabile, ma a mio avviso risulta un pò scarica (anche se il solismo di
Federico Bocchini è notevole), però tutto si risolleva con la conclusiva e strumentale "
A space tales". Questo è un vero trip alla vecchia maniera, con la chitarra che spiraleggia tra effetti narcotici evocando scenari cosmici. Compare anche un sampler tratto da "Il deserto rosso" di Antonioni, che alimenta il sottile senso di inquietudine veicolato dal brano. Doom acido, psichedelia, hard-blues, assoli fiammeggianti e spaziali, non manca davvero nulla.
Il lavoro dei
Cripta Blue dimostra per l'ennesima volta che i gruppi italiani non sfigurano mai rispetto ai colleghi stranieri e questa è indubbiamente una soddisfazione. Bel disco, denso e ricco di passione, da avere se vi piace il genere.
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