Devo dire che io per questi americani nativi dello stato di New York ho una predilezione perché mi hanno letteralmente folgorato nel 2012, quando me li vidi per la prima volta dal vivo.
Venni conquistato in primis dalla loro gentilezza e disponibilità dato che scambiai due chiacchiere con il bassista e frontman
Ross Dolan e il batterista
Steve Shalaty e conservo gli autografi della band gelosamente, in secundis lo stage venne letteralmente spazzato via, me compreso dalla performance terremotante del quartetto.
Il penultimo album “
Atonement” mi aveva fatto venire un sorrisetto ebete di appagamento perché avevano fatto l’ennesimo gran disco e devo dire che con questo ritorno si replica alla grandissima.
Il pregio dei nostri è di mischiare abilmente sezioni lente, soffocanti con parti invece più martellanti; basti ascoltare “A
n acts of god”, grande lavoro di chitarre e sezione ritmica che non lascia spazi e tempi morti ma sa condurre il tutto con sapienza ed è una garanzia il vocione cavernoso di
Dolan sempre sugli scudi come la scheggia melodica nel solo.
Altro salto sulla sedia è la seguente “
The age of no light”; voglio vedere chi non verrà impiastrato contro il muro dal drumming forsennato ma tecnicamente ineccepibile di
Shalaty come i riffing malsani della premiata ditta
Vigna e
Bouks.
E chi dice che per fare death metal bisogna solo picchiare come fabbri non ha capito nulla, perché il brano “
Shed the light” ti rapisce grazie ad un sapiente uso di un drumming circolare lento unito a riff ossessivi per poi colpire con un assalto all’arma bianca quando meno lo si aspetterebbe, la qualità è alta.
“
Immoral stain”, aperta da un arpeggio sinistro è cadenzata e ti soffoca come le spire di un serpente; grande lavoro di squadra che abbina trame serrate a colpi di frusta a base di blast beat e con due ottimi solo, segno che la melodia deve essere dosata a dovere anche nel metal estremo per non annacquare il tutto o rendere all’opposto noioso il brano composto.
Chiude il lavoro “
Apostle” preceduta dalla strumentale “
And the flames wept”; apertura vorticosa con un drumming tellurico, serrato per poi ecco arrivare la gragnuola di colpi sottoforma di blast beats e grande uso della doppia cassa.
Riffing malsani di squisita fattura death metal come se piovesse e vocione cattivo e feroce, ma non è tutto, i solos sono melodici e spiccano le doti delle due asce.
Ragazzi miei, obbiettivo nuovamente centrato grazie ad una performance coerente, figlia di una conoscenza della materia e classe, quindi mano al portafogli!
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