Quale dovrebbe essere l’approccio corretto di un’emancipata
rock band nata negli anni 2000? Sebbene sia difficile fornire una risposta univoca a tale “epocale” domanda, direi che una scelta potenzialmente vincente potrebbe essere quella di ascoltare tanta musica senza troppi preconcetti e poi cercare di assorbire le suggestioni artistiche più congeniali alla propria sensibilità, allo scopo di costruire una distintiva personalità espressiva.
Un orientamento evidentemente applicato dai
Simple Lies, arrivati con questo “
Millennial zombies” a contaminare con innata efficacia e perizia numerose sfumature sonore, attingendo principalmente alla tradizione dell’
hard rock e dello
street metal, ma senza dimenticare quanto importante sia stato il contributo alla causa offerto dal
grunge e perché no, dal cosiddetto
nu/post-metal.
Così, se durante l’audizione dell’opera è possibile rilevare talune affinità con Skid Row, BLS,
Ozzy Osbourne, Alter Bridge e Murderdolls, qualcosa mi dice che la formazione italica durante il suo apprendistato è venuta proficuamente in contatto anche con “gente” come Korn, Jane’s Addiction e Warrior Soul.
Ad alimentare l’abile lavoro compositivo ed esecutivo arriva, poi, al di là di ogni opzionale categorizzazione stilistica e di eventuali riferimenti comparativi, uno spiccato gusto melodico, unito a una prorompente e inarrestabile energia emotiva, in questi ambiti elemento fondamentale per innescare la miccia del coinvolgimento e della durevole scarica endorfinica.
Il suono si mantiene denso e intenso per tutti i cinquanta minuti di durata dell’albo, e sebbene l’istintività e l’istantanea incisività siano le armi principali del linguaggio musicale dei bolognesi, è sufficiente ascoltare la suggestiva ballata acustica “
On a stage together”, l’ombrosa
opener “
The end” e soprattutto la cangiante “
Here lies her ghost” (davvero parecchio “impressionante” …) per cogliere le capacità dei
Simple Lies nel saper ampliare la loro sfera d’azione.
Il resto lo fanno chitarre ben inserite nei
Marshall, ritmiche possenti,
groove viscosi e ritornelli irriverenti e adescanti, caratteristiche preponderanti di “
567 Hate!”, “
Mr. Leg day”, "
Flat brain society” e “
Ravencock”, splendidamente inserite nel contesto maggiormente “radiofonico” di “
Weird uncle”, “
The cage” e della
title-track del disco, ben attrezzate per l’
airplay contemporaneo.
“
Prince of darkness”, una sorta di sentito e non banale tributo ai
Maestri Alice e
Ozzy, arriva a esaurire le notazioni sulla scaletta di un lavoro assai godibile, per un gruppo che dal vivo promette faville e, già piuttosto intraprendente e consapevole, sembra in grado di poter crescere ancora sotto il profilo creativo. Un altro ottimo acquisto per il
roster di
Sneakout Records / Burning Minds Music Group …
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?