Dopo aver pubblicato un paio di Ep, debuttano su lunga distanza i retrò-rockers polacchi
Taraban. Questo "
How the east was lost" (autoprodotto nel 2019 e che ora la
Interstellar Records ci ripropone) è uno scintillante tuffo nell'hard-prog degli anni '70, quella musica dove si sposano la densità rock e la morbidezza onirica, i fraseggi articolati del prog britannico e l'atmosfera sognante della psichedelia più elegante e soffusa. Nel sound del trio di Cracovia possiamo individuare echi dei Led Zeppelin, dei King Crimson, dei Van der Graaf, ma anche connessioni con la moderna corrente neo-psych di gente come The Black Angels, Causa Sui, Dead Meadow, Ozric Tentacles, Black Mountain, ecc.
Sette brani complessi, articolati, fantasiosi, dove l'ascoltatore viene condotto attraverso paesaggi nebbiosi e bucolici e subito dopo proiettato nel cosmic-rock mesmerico arioso e pulsante. I dieci minuti di "
Last laugh" rappresentano un compendio dello stile di questa formazione: una bordata iniziale alla Sun Dial si espande in un hard-blues molto trippy di matrice Zeppeliniana, con la voce di
Daniel Suder che pare un ponte temporale tra il primo Plant e Kevin Starrs (Uncle Acid). Passaggi nuvolosi ed eleganti caratterizzano la parte centrale, velata di malinconia uggiosa, per trasformarsi successivamente in un crescendo imperioso e travolgente guidato dal solismo di
Trojanowski in pieno mood Crimsoniano. Roba davvero ben strutturata, con grande personalità e fantasia.
Il resto del lavoro non è da meno. Brilla il feeling notturno e felino di "
Backseat driver" che si trasforma poi in un high-energy hard alla Kadavar da ormoni al massimo (mi ha ricordato anche gli Abramis Brama), mentre "
The plague" mostra quell'intensità rock-progressiva seventies che sembra ancora fresca di giornata quando in realtà sono trascorse oltre quattro decadi. Altro grande brano è "
White lies", che grazie alla sua carezzevolezza tossica e l'andamento suadente, narcotico, appare il più vicino al neo-acid-psych dei già citati Dead Meadow. Canzone splendidamente avvolgente e gravida di emotività, se vi piace il genere.
Molto heavy-bluesy la potente "
Wizard's hand", che vanta gratificanti vibrazioni drammatiche oltre a momenti di pura potenza rock, mentre la conclusiva "
Liberty fraternity eternity" è un cameo slow-psichedelico dal retrogusto romantico e malinconico. Episodio di lussureggiante space-rock freakout, in bilico tra primi Pink Floyd, Van der Graaf e Bardo Pond. Avvolgente come il firmamento in una limpida notte d'estate.
Resta poco da aggiungere, perchè i
Taraban hanno colpito il segno pienamente. Brillanti sul piano strumentale, vocale, compositivo e con un approccio alla materia settantiana rispettoso ma non calligrafico. Sicuramente i polacchi possiedono il potenziale per imporsi nel settore del retrò-rock/neo-rock psichedelico contemporaneo.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?