"
Feeding The Machine" del 2020 era venuto dopo una lunga attesa dal precedente "
Devil Seed", sei anni che in tutta sincerità ci avevano consegnato un disco non brutto ma certamente il capitolo meno riuscito della loro discografia, a causa di brani piuttosto fiacchi o inconcludenti e chitarre spompe che toglievano l'unica cosa che invece non è mai mancata negli
Wolf, ovvero l'energia, tanto che in questi due anni quel disco l'avrò ascoltato non più di cinque o sei volte.
Miracolosamente, per i loro standard, la lineup è rimasta stabile in questi 24 mesi e, forse complice il periodo pandemico in cui moltissime band giocoforza ferme a livello live si sono messe sotto a comporre come se non ci fosse un domani (Putin non leggere), anche questo magari ha contribuito al valore del nuovo "
Shadowland" che - come al solito - non riesce proprio a tenere il passo dei primi quattro album (cinque se vogliamo includere il buonissimo ed aggressivo "
Ravenous") ma che riporta la qualità media a discreti livelli, perlomeno a quelli di "
Legions Of Bastards" del 2011, quindi quelli di un album solido, divertente, roccioso, in cui si va sul sicuro sapendo di trovare del fottutissimo ed incrollabile heavy metal classico dal taglio oscuro e malevolo, come sempre condotto dalla voce aspra e sguaiata ma allo stesso tempo irresistibile dell'unico leader
Niklas Stålvind.
Già dall'iniziale "
Dust", da cui è stato tratto anche un videoclip, si intuisce che forse la barca è stata riportata in rotta, cosa confermata anche dalla successiva "
Visions for the Blind", mentre qualche venatura seventies o sabbathiana che dir si voglia è riscontrabile qua e la' durante l'album come nella cadenzata "
The Time Machine", un brano più articolato (e lungo) rispetto allo standard wolfiano, così come la durata totale del disco che, sforbiciata di una decina di minuti totali, avrebbe a mio avviso giovato alla freschezza dello stesso, invero rinvigorita dalla produzione ottenuta ai SolnaSound Production dello stesso chitarrista
Simon Johansson, davvero lontana dal sound plasticoso che oggi va tanto di moda ma al contempo decisamente fuori da pericolosi standard old school troppo retrò.
Non siamo certamente di fronte ad uno dei dischi più riusciti della loro discografia ma senza dubbio un lavoro valido in cui gli amanti dell'HM classico ed ovviamente i fan degli Wolf potranno andare sul sicuro, trovando esattamente quello che pensano di poter ascoltare. Avanti così.
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