"Pape Satàn, pape Satàn aleppe! Cominciò Pluto con la voce chioccia..."
Altro che voce chioccia, il veterano
Brian Ross, dopo più di quarant'anni di dedizione alla causa non ha perso una stilla della sua grinta ed energia e con lui i musicisti che da più tempo suonano nei
Satan, i chitarristi
Russ Tippins e
Steve Ramsey, il bassista
Graeme English e il batterista
Sean Taylor. Da rimarcare come questa sia la stessa line-up che nel lontano 1983 aveva inciso l'esordio "Court in the Act" e che suona assieme dal comeback "Life Sentence", uscito nel 2013 cui si sono poi susseguiti "Atom by Atom" (2015), "Cruel Magic" (2018) e ora "
Earth Infernal".
Nell'aprire questa recensione ho scomodato Dante... beh, forse avrò un pelo esagerato, ma il Sommo Poeta sta alla Letteratura quanto i
Satan stanno all'Heavy Metal inglese: entrambi sono imprescindibili.
A trascinarci nei gironi di "
Earth Infernal" sono le twin guitars vorticose della coppia
Tippins/Ramsey che fanno il bello e il cattivo tempo su "
Ascendancy", rutilante opener che sin da subito ci conferma che i
Satan non hanno perso la rotta e preso le distanze da quel British Heavy Metal che, assieme ad altre formazioni come Grim Reaper, Chateaux e Blitzkrieg (questi guidati da sempre dallo stesso
Brian Ross), hanno sempre saputo esprimere al meglio.
Nessuna tentazione modernista, nemmeno a livello di produzione, gli preferiscono, infatti, una registrazione essenziale e rigorosamente low-fi, muovendosi nel rispetto della tradizione anche per l'artwork, con nuovamente
Eliran Kantor a riallacciarsi alle prime copertine disegnate da Bill Colwell.
Di "
Burning Portrait" piacciono i suoi chiaro scuri, con quei rallentamenti in cui si esalta
Ross, rallentamenti che i
Satan non si concedono sulla furibonda "
Twelve Infernal Lords" e nemmeno sullo spedito strumentale "
Mercury’s Shadow" che precede la cangiante "
A Sorrow Unspent", episodio che alterna ritmiche etniche, assalti furiosi e passaggi più meditati segnalandosi anche come uno degli apici del disco. Non che la seguente "
Luciferic" ne venga surclassata, pure qui emerge tutta la classe dei
Satan, che a dispetto del titolo non vanno a caccia di truci emozioni luciferine ma gli preferiscono un approccio più ragionato e atmosferico.
All'ascolto di "
From Second Sight" si viene immediatamente catapultati negli eighties, un salto spazio-temporale nel quale veniamo bloccati da un paio di brani fortemente debitori nei confronti della NWOBHM, come "
Poison Elegy" e "
The Blood Ran Deep" (con quel suo tocco vagamente Progressive), fino all'ascolto della traccia conclusiva. E mai un tale dovere è stato così ben accetto: infatti, "
Earth We Bequeath", offre il meglio della band di Newcastle Upon Tyne, ammantando di atmosfere doomeggianti un pezzo che si era presentato all'appello ostentando un guitarwork tipicamente maideniano.
I
Satan gli anni Ottanta li hanno vissuti e li vivono tuttora, e lo fanno ancora decisamente meglio di tutte le band che quel periodo lo hanno scoperto solo successivamente e che cercano (alcune riuscendo ad essere anche credibili) di ricreare certe situazioni vintage.
Ma il Metal i
Satan ce lo hanno nel sangue...
Metal.it
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