Terzo album in studio in soli 3 anni per gli infaticabili
Celtic Hills, terzetto friulano formato da
Jonathan Vanderbilt (voce e chitarra),
Jacopo Novello (basso) e
Simone “Zigo”Cescutti (batteria).
Huldufòlk, questo il titolo della nuova fatica discografica dei Nostri, si presenta con una connotazione decisamente più “power-oriented” rispetto ai suoi predecessori, in particolare se paragonato all’interessantissimo e molto più variegato esordio “Blood Over Intents” (2020).
In particolare, il sound dei
Celtic Hills, in questo nuovo capitolo della loro carriera, si ispira chiaramente ad un power metal di matrice tipicamente "gammarayana".
Vanderbilt e soci attingono a piene mani dall’eredità lasciata dai Kai Hansen, da quella più scanzonata degli esordi, passando per quella più sostanziosa ed impegnata della sua era dorata, fino a giungere perfino a quella più oscura e decadente degli ultimi lavori.
Nelle varie tracce di
Huldufòlk difatti, ci si imbatte spesso e volentieri in atmosfere che richiamano gli inizi dei Gamma Ray, ne sono un vivido esempio l’iniziale
The Secret Of The Grail o la curiosa
Villacher Kirktag, brani dalle ariose aperture melodiche, chiaramente riconducibili ai momenti più spensierati di Heading For Tomorrow. Nel contempo, all’interno del disco, vi sono anche tracce più epiche, quali
After The Earthquake (brano scritto per il terremoto che colpì il Friuli nel 1976),
Green Forest o ancora,
Gate Of Hollow Earth, che potrebbero ricordare il periodo intermedio del Raggio-Gamma, quello di massima ispirazione, della seconda parte degli anni ’90 mentre, continuando il parallelismo,
The Hammer Of Thor potrebbe essere ricollegato a dischi più oscuri come Powerplant o No World Order.
Visto cosi,
Huldufòlk potrebbe sembrare un album impeccabile e, per certi versi lo è, considerando che non accusa alcun calo di tensione e può inoltre vantare su brani rocciosi e dalle melodie decisamente indovinate (spicca su tutte la ruffiana
Living Out The Egg col suo ritornello estremamente “catchy”), il problema, semmai, è un altro.
Il limite principale di questo lavoro è che, per cosi dire, non spicca mai veramente il volo.
Colpa soprattutto di quella fastidiosa e costante sensazione di “deja-vu” che talvolta si fa sentire in maniera troppo invadente; oltre alle composizioni, perfino la stessa voce di
Vanderbilt, in alcuni momenti, sembra rifarsi spudoratamente a quella di Hansen o di Scheepers e, in questi casi, la band cerca saggiamente altre soluzioni, orientandosi verso altri punti di riferimento del panorama metallico teutonico (Blind Guardian, Helloween o Iron Savior), questo però non basta a cancellare quel sapore di “già sentito” che purtroppo ha un’incidenza inevitabilmente negativa sulla freschezza delle composizioni le quali, pur rimanendo piacevoli, non lasciano il segno.
Sia chiaro, i
Celtic Hills rimangono una band molto interessante e dotata di enormi potenzialità, come dimostrava l’esordio discografico di appena 2 anni or sono in cui, oltre alle immancabili influenze power, il sound della band veniva infarcito anche di venature thrash e melodic-death.
Huldufòlk è un disco che, nelle intenzioni, vorrebbe viaggiare a vele spiegate in mezzo al patrimonio musicale lasciato dai grandi del passato, prendendone semplicemente spunto e rielaborandolo in maniera personale, invece finisce accidentalmente per rimanerci incagliato risultando, a conti fatti, troppo limitato nelle soluzioni nonostante, è bene rimarcarlo nuovamente, un’indiscutibile qualità musicale.