A distanza di alcuni anni dal loro precedente lavoro ("III", 2018) e dopo un deciso riassetto a livello di line-up, tornano alla ribalta i psycho-rockers polacchi
Weedpecker.
Il nuovo album s'intitola "
IV: The stream of forgotten thoughts" e vede un sensibile cambiamento anche negli aspetti stilistici. Siamo sempre nell'ambito della neo-psichedelia, ma il sound della band di Varsavia ha adottato tonalità molto più pastello, oniriche, trasognate e lunari, seppur alternate ed intrecciate a passaggi heavy molto Hawkwind-iani. In sostanza possiamo pensare all'approccio di bands come Tame Impala, Black Mountain, The Bevis Frond, Mars Red Sky, per quel retrogusto Floydiano nell'affrontare dinamiche cosmico-spaziali ed atmosfere talvolta davvero nuvolose e dalle coloriture malinconiche.
Però i polacchi sono abili nello svincolarsi da stereotipi troppo restrittivi, sfoggiando uno spettro sonico veramente variegato e brillante. Ad esempio "
Big brain monsters" è un pezzone di retrò-rock acido che farebbe gola ai Dead Meadows (e non solo..). Solidità hard ed energia a manetta, con quella patina seventies che lo rende perfetto per i veterani della musica psichedelica.
Sullo stesso piano "
No heartbeat collective", che però coniuga un chitarrismo molto grintoso e post-rock con vocals eteree e delicate come gocce di rugiada. Una bella atmosfera, sospesa tra dinamiche stoner e prog-psichedelia avvolgente, uno sviluppo che riporta alla lontana agli Intronaut.
La complessità delle soluzioni strumentali è sicuramente il piatto forte del lavoro, una dimostrazione di maturità da parte della band. Ogni brano sfrutta sfumature diverse di psichedelia: dai toni lunari e cosmici della morbida e sognante "
Fire fire away" alle sonorità ancor più carezzevoli della magnetica ed avvolgente title-track (pezzo dolcissimo e raffinato, con forti elementi narco-prog), dai forti contrasti tra componenti trippy e concretezza acid-rock di "
Endless extensions of good vibrations" (episodio che profuma di Grateful Dead sinergizzati con i Sun Dial) per arrivare alla spigolosità heavy della conclusiva "
Symbiotic nova" che parte con cipiglio Mastodoniano per dilatarsi in classico space-rock settantiano da orizzonti infiniti.
Una varietà che non pare mai fine a se stessa, bensì funzionale a fornire carattere ad ogni singola traccia. Eccellenti le parti strumentali, sia quelle più pesanti che i frequenti passaggi atmosferici, mentre l'aspetto vocale eccede in alcuni frangenti nell'attitudine "celestiale" e post-hippie.
Forse non è un disco che cattura al primo ascolto, ma risulta munito di uno spessore psych che si impone gradatamente. I
Weedpecker si confermano tutt'altro che sprovveduti in questo ambito, ed il loro ritorno merita di essere elogiato per qualità e fantasia. Il rock psichedelico non è soltanto California e deserti assortiti, ma patrimonio culturale ormai condiviso ad ogni latitudine. Lavoro consigliato agli amanti della psych più elegante e variegata.
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