Per la serie: "A VOLTE TORNANO" riecco a voi: i
Symphonity!
La band ceca, che era partita "col botto” nel 2008, grazie al promettente esordio, intitolato “Voice From The Silence”, non aveva poi saputo mantenere fede alle alte aspettative con il successivo e deludente “King Of Persia” (2016) .
Oggi, a 6 anni di distanza dal secondo amaro capitolo della propria discografia, il combo originario di Brno ritorna con un concept alquanto impegnativo, incentrato sui viaggi in Estremo Oriente di Marco Polo.
Ciò che colpisce immediatamente dei “
Symphonity versione 2022”, è la line-up attuale, che è stata rinnovata per ben 5/6; in pratica, siamo al cospetto di un'altra band!
Dei membri originali difatti, è rimasto solamente il chitarrista
Libor Krivak e purtroppo, con grande rammarico (non solo mio, immagino), a fare le spese di questa “Grande Epurazione”, avvenuta per lo più negli ultimi 3-4 anni, è stato perfino il tanto acclamato singer Olaf Hayer (che i più nostalgici ricorderanno nei primi lavori solisti di Luca Turilli o nei Dionysus), dotatissimo vocalist dall’ugola d’oro, il cui timbro aveva marchiato a fuoco i precedenti lavori della band, soprattutto quello d'esordio, considerando che, già nel secondo disco, Hayer era stato un pò messo da parte, affiancato dal sempreverde Herbie Langhans. I due storici cantanti vengono oggi rimpiazzati da
Mayo Petranin (ex-Signum Regis) e
Kostantin Naumenko, a cui si aggiungono altre tre “new entries”, ovvero T
omas Sklenar al basso,
Johannes Frykholm alle tastiere ed il drummer
Josef Ciganek.
La nuova fatica dei
Symphonity, intitolata
Marco Polo: The Metal Soundtrack (certo i nostri, sotto quest’aspetto, non brillano per fantasia!) è un lavoro tutto sommato apprezzabile e che, nonostante della band che fu, siano rimaste solamente le ceneri, fa registrare un netto passo in avanti rispetto all’album precedente, dal punto di vista qualitativo e del song-writing.
Il concept, suddiviso in 9 capitoli (di cui, un’intro e un’outro dedicate entrambe a Venezia, città natale dell’esploratore), si regge su composizioni melodiche curate e particolarmente indovinate, spesso infarcite di atmosfere orientaleggianti (
The Plague), che mettono in evidenza le varie sfumature dello stile della band, dal power (ne sono un esempio le bellicose
Crimson Silk o
I Found My Way Home), all’aspetto sinfonico (emblematiche le ballate
Dreaming Of Home e la malinconica
Prisoner), senza dimenticare le influenze progressive, che emergono prepotentemente nell’articolata
Mongols, brano dalle molteplici sfaccettature, indubbiamente l’apice compositivo dell’intero album.
Il disco ha chiaramente i suoi punti di forza nella ricercatezza melodica, enfatizzata dalle opulenti orchestrazioni, nell’incisività e anche nella sua (relativamente) breve durata (assolutamente saggia la decisione di far durare questo lavoro solamente 42 minuti, considerando che l’abbondante portata delle tematiche trattate, poteva pericolosamente dar luogo ad un polpettone difficilmente digeribile).
Eppure, nonostante questi elementi positivi, alla fine, rimane la netta sensazione che i
Symphonity, con tali premesse, avrebbero potuto fare molto di più e che manchi ancora qualcosa per poter considerare
Marco Polo un lavoro completamente riuscito.
Anzitutto, fa storcere il naso la presenza di ben 2 ballads in un album di appena 6 tracce, se si escludono quei brani che fungono da semplice intermezzo, in cui tocca al narratore, di natura prettamente “rhapsodyana” sviscerare le vicende del viaggiatore veneziano; inoltre, se da un lato la presenza di due singers, entrambi validissimi (sia chiaro!) e dalla voce anche più corposa rispetto a quella di Olaf Hayer, consente un ispessimento della struttura musicale, è altrettanto vero che l’opera perde qualcosa in termini di trasporto emotivo ed epicità, entrambi aspetti che sono stati sempre il fiore all'occhiello del cantante precedente, nonché di importanza focale, considerando il tema centrale del concept.
Per concludere quindi, possiamo immaginare che, dinnanzi a tale fatica discografica, il buon Marco Polo non si starà certo rivoltando nella tomba, considerando che siamo al cospetto di un lavoro assolutamente gradevole, ma probabilmente un pò di amaro in bocca per il risultato finale, sarà rimasto perfino a lui!