Dopo oltre trent'anni di carriera, i
Crowbar sono indubbiamente una istituzione nel campo dell'heavy doom. Con gli album pubblicati negli anni '90 (es. "Obedience thru suffering", "Time heals nothing", "Odd fellows rest") la band della Louisiana ha ridefinito le sonorità oscure del rock in senso molto più pesante, greve e metallico, contribuendo in pratica alla nascita dello sludge. Non a caso, innumerevoli formazioni successive li citano tra le proprie influenze più marcate.
Il fulcro di questo gruppo è sempre stato il cantante e chitarrista
Kirk Windstein (che ricordiamo anche protagonista nei Down e nei Kingdom of Sorrow), fondatore della band e mente di tutta la produzione musicale. Nell'ultima fase di carriera
Kirk ha leggermente modificato il sound dei
Crowbar, stemperando la rabbia e la rozzezza stordente degli esordi con una maggiore propensione verso suoni spessi e quadrati ed una decisa inoculazione di melodia amara, sconfortata, dal retrogusto swamp-southern (alla Down, per intenderci). Questo dodicesimo capitolo "Zero and below" prosegue in tutto e per tutto il discorso cominciato con "
Sever the wicked hand" e "
Symmetry in black", a distanza di sei anni dal precedente "The serpent only lies".
Doom metal aspro, severo, ieratico, che agisce costantemente tra mid-tempo epici e possenti e rallentamenti gravidi di disperazione. Una musica che attinge all'oscurità dell'animo umano, alle pulsioni di abbandono e depressione, alle sensazioni di sconfitta e fallimento che talvolta dobbiamo affrontare nel corso della nostra esistenza mortale. Tematiche che vengono veicolate non attraverso l'incedere tombale o l'ossessività cimiteriale, bensì mediante brani rocciosi e compatti come obelischi di granito.
Una "
The fear that binds you" è l'esempio perfetto del classico Crowbar-sound: solenne e severa, robusta e schiacciante, circondata da quella atmosfera tetra che è caratteristica di questo filone doom/sludge ed imitata da schiere di adepti. Lo stesso si può affermare per la lenta e feroce densità di "
Confess to nothing", con la roca voce di
Kirk che assume contorni testamentari e fa pensare all'ineluttabilità della morte.
Non manca qualche frustata brutale e metallica, sempre presente nel campionario dei veterani di New Orleans, come la granitica "
Chemical Godz" o la Motorheadiana "
Bleeding from every hole" che ricordano abbastanza le cose degli Eyehategod. Tiro grasso, belluino ed a tratti spezzacollo, pienamente coerente con il post-doom contemporaneo.
Più rock e cadenzata "
Its always worth the gain", l'episodio più accessibile a tutti, mentre "
Crush negativity" riporta l'attenzione sul mammutesco incedere doom Crowbariano. Tracce di buon vecchio raw/thrash metal affiorano tra le spire funeste di "
Reanimating a lie", garantendo un tocco di sprint ad un episodio abbastanza di maniera, invece la conclusiva title-track risulta una piccola gemma di melodic-sludge come solo dei capostipiti di questo calibro sanno fare. Lentezza decadente, malinconia struggente, pesantezza spianante, con aperture melodiche di grande intensità che ci accompagnano verso l'abbandono finale.
Questo è un lavoro solido e perfettamente in linea con i predecessori. I
Crowbar sono una killer-machine del doom, una formazione che non ha bisogno di modificare alcunchè del proprio sound cementato nei decenni. Semplicemente, l'ennesimo album di qualità da parte di musicisti che non hanno più nulla da dimostrare a nessuno. Sempre un passo avanti agli altri.
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