Gli
Askara ci hanno messo sei anni per dare un seguito all'esordio "Horizon of Hope", ma il quartetto svizzero non pare avere sfruttato al meglio questo periodo.
"
Lights of Night", come il suo predecessore, si muove all'insegna di un Symphonic Death Metal, con rimandi a Crematory (la voce del bassista
Elia Schmidt spesso richiama quella di Felix Stass) ed Epica, con la voce e il piano di
Miril Schmidt a reclamare la scena, con le parti melodiche che si sovrappongono, alternano e fondono con quelle più estreme.
Tuttavia, i risultati non sono esaltanti e i nostri zoppicano già dalla breva opener "
The Birth of a Star", dove il tutto suona forzato e posticcio, anche a causa di una produzione fin troppo spigolosa. "
Nocturne of Cold Mystery" va calcare la mano sulle parti estreme, che però sembrano solo aver il compito di fare da contraltare alla componente melodica tipica degli
Askara. Un po' a sorpresa, su "
Through Fire" la voce e le dita di
Miril Schmidt vengono però lasciate a riposo, ma sono poi proprio loro a dettare legge sui chiaroscuri di "
By God" e "
To Ailsa Rock". Gli arpeggi delicati di "
Reprise: Harbour Lights" ci introducono alla seconda metà dell'album, dove siamo accolti da una canzone sullo stile dei Nightwish: la delicata e malinconica "
Hibernation", che si segnala anche come l'episodio migliore del disco, assieme all'altra ballad, "
Seven Years", leggermente più vibrante, grazie anche all'incisività del chitarrista
Benjamin Wiesli.
Con "
Viator" si torna allo scontro tra growling e clean vocals, queste stavolta con un approccio più accattivante, direi alla Evanescence. In chiusura "
The King’s Song", digrigna nuovamente in denti, limitando lo spazio concesso alle melodie, ma risultando dispersiva.
Come anticipato, nonostante gli sforzi "
Lights of Night", non riesce ad accendere la luce e alla resa dei conti ne consegue un lavoro all'apparenza forzato e poco spontaneo.
Metal.it
What else?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?