Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2022
Durata:35 min.
Etichetta:Shadow Kingdom Records

Tracklist

  1. HUNT AT NIGHT
  2. EYES BEHIND THE STARS
  3. RAIN OF TEARS
  4. SPIRIT OF DEATH
  5. A WARRIOR'S RETURN
  6. THE HANGMAN'S TREE
  7. QUEEN SATAN
  8. VASTER EMPIRES
  9. THE DEATH OF TIME

Line up

  • Stacey Savage: vocals
  • Larry Myers: guitars
  • Adam Neal: guitars
  • John W. Littlejohn: drums
  • Bob Scott: bass

Voto medio utenti

Siate sinceri: quanti di voi, guardando o ripensando alla storica copertina di Innocence Is Not Excuse degli immortali Saxon, non hanno desiderato, anche solo per un istante, di essere tramutati in una mela (in QUELLA mela)?
Io, a distanza di ben 37 anni da quel disco, continuo ancora instancabilmente a sperare di trasformarmi al più presto nel frutto proibito in questione!

Nel frattempo, con le debite proporzioni, cerco di "consolarmi" con una nuova smania che si sta facendo strada nei meandri più oscuri dei miei sogni: quello di diventare improvvisamente un teschio (QUEL teschio!)

Perdonate la mia onestà, ma questo è stato il mio primo e istintivo pensiero quando ho visto l’artwork dell’ultimo lavoro dei Savage Master, intitolato Those Who Hunt At Night, quarta uscita discografica della band originaria del Kentucky, capitanata dall’oscura bellezza vampiresca della cantante Stacey “Savage” Peak che, appunto, nella copertina del nuovo album, stringendo tra le gambe un cranio umano, sembra invitare caldamente la sua preda ad abbandonarsi, tra le proprie grinfie, all’ascolto del disco.

Ora, visto che ormai bisogna stare attenti anche a fare delle semplici battute e, dopo aver molto probabilmente suscitato lo sdegno ed una discreta dose di proteste da parte di di benpensanti e femministe per le mie suddette affermazioni (chiedo venia, ma il “politically correct” non è mai stato il mio forte!), veniamo all’analisi dell’album.

Immagine


I Savage Master, anche in quest’ultima fatica discografica, non si discostano nemmeno di un millimetro da quello che è il loro tipico sound, basato su un solido heavy metal di stampo tradizionale, forte debitore tanto della NWOBHM, quanto dell’US POWER, con quel pizzico di speed-tharsh che non guasta mai.
Le linee melodiche vengono costruite abilmente e, alla lunga, si rivelano particolarmente indovinate, attraendo da subito l’ascoltatore verso quell’alone di seducente malvagità di cui sono impregnate, forti anche anche dell'interpretazione magistrale di Stacey, come sempre, perfettamente a suo agio nei panni della strega tentatrice, mentre le twin-guitars di Larry Myers e Adan Neal affilano e affondano le loro grezze (nel senso di "genuine") lame taglienti all’interno delle singole tracce ma, in particolare, in quelle maggiormente incisive, quali l’iniziale Haunt At Night, le incalzanti Rain Of Tears, Spirit Of Death, la “priestiana” The Hangman’s Tree, o ancora Vaster Empires.

Insomma, Those Who Haunt At Night sembra funzionare alla perfezione.
O almeno...
Fino a quando i brani sono “sparati a mille” tutto fila liscio.

Tuttavia, capita che, in concomitanza di quelle composizioni dotate di una struttura leggermente più articolata, come Queen Satan o la conclusiva The Death Of Time, proprio la vocalist americana sembra perdere un pò del suo smalto e, complici anche delle linee vocali ribassate, non proprio funzionali al suo timbro, non riesca più a trasmettere la solita sferzata di energia.

Si tratta, a onor del vero, del classico “pelo nell’uovo” che non macchia assolutamente un lavoro che, nel complesso, si rivela qualitativamente discreto.
Aldilà di questi episodi isolati infatti, la nostra “vampiressa” è sempre perfetta nel ruolo che interpreta e per lo stile dei Savage Master.
Inoltre, tali microscopiche pecche vocali, vengono compensate in ogni momento a livello strumentale, sotto il cui profilo, non si registrano mai cedimenti di alcun genere, l'intensità viene mantenuta costantemente alta per tutti i 36 minuti della durata del disco, senza alcun calo di tensione.

E quindi...
CORRETE, TREMATE: LE STREGHE SON TORNATE!



Recensione a cura di Ettore Familiari

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