Repetita Iuvant?
Continua l'operazione ristampa da parte della
Allegro Talent Media nei confronti dei lavori solisti di
Liv Kristine, che in un sito come il nostro non dovrebbe aver bisogno di presentazione alcuna, ma che per i meno informati è stata la cantante/anima dei
Theatre of Tragedy prima, e dei
Leaves' Eyes dopo. Durante tutta la sua parabola artistica, la cantante norvegese ha sempre mantenuto una propria carriera solista, molto spesso slegata dal metal, ma sempre carica di riferimenti sonori e culturali alla sua terra di appartenenza.
L'album della cui ristampa ci occupiamo oggi è "
Enter my Religion", pubblicato originariamente nel 2006, e qui infarcito di brani extra: la versione cd presenta ben 8 tracce tra demo, versioni mai pubblicate ed extra tracks, ma la label presenterà anche una versione in vinile ed una in cassetta, evviva il revival!
.... Piccola digressione: siamo noi metallari ad andare controcorrente? In un'epoca storica in cui la musica si fa sempre più liquida, veloce, fruita tramite smartphone e devices mobili, l'idea di pubblicare e quindi di immaginare un pubblico interessato a LP e, addirittura, cassette, sembra un'operazione nostalgia, che evidentemente è supportata dalle vendite, visto che sto vedendo questo trend diffondersi un po' ovunque. Ma torniamo al disco.
Molti metalheads, come il sottoscritto, hanno un debito insolvibile nei confronti di Liv e dei suoi Theatre of Tragedy, capaci di innovare portando in auge il filone "
la bella e la bestia", unendo vocals angeliche a growls demoniache. Innumerevoli sono le bands che devono per forza pagare pegno ad una band seminale, che ha innovato ed esplorato in territori nuovi e potenzialmente pericolosi, fondendo ed amalgamando in un connubio perfetto di melodia e cattiveria. Ma da lì, da quella incomparabile quota stilistica, agli album solisti di Liv, ce ne passa davvero tanto. Scialbi nelle composizioni ancor prima che nelle esecuzioni, i solisti della Kristine non mi hanno mai conquistato, ed "Enter my Relgion" non fa differenza; si badi bene, qui non si parla di "ah, non sono metal", "ah, non ci sono distorsioni", "ah, la doppia cassa", visto che chi vi scrive potrebbe stare giorni ad ascoltare, giusto per esempio, Mark Knopfler o Eric Clapton. Qui si parla di una vena creativa non particolarmente brillante, e di una carriera che ha (secondo me) più poggiato sulla fama e la voce angelica (ma neanche sempre perfettamente in tono) di Liv, che sull'effettiva bontà dei brani. Le aggiunte, poi, non fanno che allungare un brodo di per sé scialbetto, rendendo il tutto troppo lungo e, sinceramente, poco interessante, al netto dei fans completisti della musa di Stavanger, che sempre un posto avrà nei nostri cuoricini ombrosi.
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