Seguo i tortonesi
Ufomammut dai loro esordi e li considero una delle band italiane più brillanti ed innovative in campo stoner-psichedelico, non soltanto a livello nazionale. Circa cinque anni fa era uscito l'acclamato "8", al quale ha fatto seguito un periodo di riassestamento interno che ha portato all'uscita dello storico batterista Vita (vent'anni nella band), sostituito da
Alessandro "Levre" Levrero che faceva già parte dell'entourage del gruppo alessandrino. Adesso è uscito il nono lavoro in studio "
Fenice" per la
Neurot Recordings, la label indipendente fondata dai membri dei seminali Neurosis.
Il titolo ha un significato preciso: una sorta di rinascita, di evoluzione, di ripartenza dopo un periodo caratterizzato da eventi significativi per la band, sia a livello personale che contestuale. Come la fenice che ritrova la vita dalle proprie ceneri, anche il trio italiano desidera veicolare una sensazione di rigenerazione del proprio cammino artistico. Quindi in questo disco dobbiamo attenderci clamorose svolte stilistiche o inattese evoluzioni spiazzanti? Certo che no. Gli
Ufomammut hanno consolidato nei decenni una personalità troppo marcata, per rinnegarla inopinatamente. Però indubbiamente ci sono alcune differenze rispetto ai lavori del passato.
Ad esempio notiamo meno impulsività caotica, meno furia distruttiva ed iconoclasta rispetto ai tempi di "
Snailking" e "
Lucifer songs", ma anche meno complessità e volumi assordanti e psicotici come in "Oro: opus primum" e "Ecate". Questa volta
Poia e compagni hanno adottato linee più semplici ed essenziali, unite ad una certa pulizia di fondo e a lunghe incursioni nel "cosmic rock" che evoca gli Hawkwind ed il rock sperimentale tedesco seventies. Se vogliamo, una attitudine meno contemporanea e maggiormente legata a certi classici del passato.
Sei brani, che in realtà formano una unitaria lunga suite, cosa tradizionale per il gruppo piemontese. I sette minuti di "
Psychostasia" sono la perfetta testimonianza di quanto detto prima: cinque minuti di puro "psych-space" dall'atmosfera sognante e intimista, dove spiccano i gelidi echi dei sintetizzatori, il ritmo placido e sinuoso, la voce morbida e distante, l'atmosfera dannatamente trippy, che sfociano poi in un solido ed intenso groove stoner nella parte finale. Si percepisce un sottile retrogusto Floydiano che si tuffa poi nella potenza dell'heavy rock più ruvido ed epidermico. Per i miei gusti, un brano che coniuga le due anime fondanti della band: quella psichedelica e riflessiva e quella potente e sludgy. Assolutamente notevole.
Nel caso di "
Metamorphoenix", invece, la sperimentazione sonora prende il sopravvento e la sostanza diventa un pò più fumosa. Molti effetti, tanta psichedelia liturgica, un andamento rarefatto e meditativo (con la voce trasognata e piena di vibrazioni cosmiche), ma il pezzo stenta a decollare. Una sorta di Ecstatic Vision rallentati e dilatati all'eccesso, che potrebbe far sollevare il sopracciglio a parte dei fans integralisti.
Il top dell'album sono sicuramente i dieci minuti di "
Duat", dove ritroviamo la splendida componente sludgy-psichedelica che da sempre distingue per brillantezza la formazione piemontese. Elementi sperimentali, alienati, coniugati con un panzer sonico ultra-stoner dall'andamento magnetico e catartico. Spicca il drumming tribalistico di
Levre, oltre alla consolidata simbiosi heavy-narcotica della coppia
Urlo / Poia. Eccellente excursus nella psichedelia metallica, nello sludge tossico, nello stoner più alternativo e meno scontato.
"
Pyramind", invece, si colloca in un territorio maggiormente distorto e acido, accentuando molto la direzione doom-sludge e l'atmosfera tetra ed evocativa. Vocals eteree e salmodianti creano un mood sinistro ed orrorifico, mentre la chitarra produce lunghe note spaziali e futuristiche. Il basso rombante di Urlo completa il tutto con approccio Electric Wizardiano, per un brano che trasmette inquietudine e disperazione psichica. Seguono i due minuti di "
Empyros", in puro e brutale stile sludge dall'impatto rovinoso, che chiudono un lavoro come sempre ricco di personalità e qualità.
Gli
Ufomammut hanno scelto di ritornare sulle scene con un approccio più diretto e meno cerebrale, pur mantenendo ben presenti le proprie caratteristiche peculiari. Un disco dove possiamo ritrovare la potenza dissonante, la feconda apertura a contaminazioni psych, le atmosfere psicotiche e disturbanti ispirate sia ad una tossicità terrena che alle visioni cosmiche allucinatorie. Questo "
Fenice" sembra segnare un nuovo inizio, una rinnovata energia e determinazione, confermando ancora una volta l'alto livello creativo raggiunto dal trio tortonese.