Il terzo album di lunga durata di
ColdWorld segna un allontanamento, abbastanza marcato per quanto non definitivo, dal depressive black metal degli esordi, un genere che il progetto tedesco aveva contribuito ad innalzare a pura arte.
"Isolation", scritto da
Georg Börner durante la clausura forzata a causa della pandemia, infatti, abbandona parte della componente estrema per dare un maggior risalto a quella atmosferica la quale, tra ariose e tristi melodie, riferimenti evidenti a Katatonia e My Dying Bride, uso più massiccio degli archi, è la vera protagonista di un lavoro, in ogni caso, grigio, sofferente e notturno.
A mio avviso,
ColdWorld perde parte del suo fascino: non che
"Isolation" sia un lavoro poco riuscito, anzi, tuttavia il suono diventa troppo simile a quello di tante altre band e si incanala nel solco di un certo doom atmosferico che, nel corso degli anni, è stato sviscerato in lungo ed in largo.
Una delusione?
No, questo non posso dirlo.
Georg Börner resta un compositore dal gusto sopraffino ed i suoi brani ben descrivono lo stato in cui sono stati composti, così come alcune melodie riescono, ancora, a trasmettere disagio e malinconia in modo durissimo come nei dischi precedenti anche grazie alle sporadiche reminiscenze black sparse qui e la, tuttavia è innegabile l'ammorbidimento di un suono che, oggi, mira quasi esclusivamente a dipingere paesaggi nebbiosi ed eleganti piuttosto che a straziare l'animo come in passato.
Probabilmente
"Isolation" riuscirà ad aprire al Nostro una platea più vasta di ascoltatori, ma la magia in parte è andata.
Almeno per il mio sentire.
Vedremo cosa accadrà in futuro.
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