Secondo album a stretto giro per i nostrani
Konquest che fecero una buona impressione all’inizio dello scorso anno con
The Night Goes On, un primo lavoro che mostrava le loro influenze nel campo del metal classico con forti richiami a Hevy Load, Thin Lizzy, Maiden, Angel Witch e un amore dichiarato per la NWOBHM con buoni riff e canzoni piacevoli.
Parlo al plurale ma anche in occasione del nuovo “
Time and Tyranny”
Alex Rossi ha fatto tutto da solo: ha composto, registrato tutti gli strumenti, cantato e mixato il disco… Questo è l’assoluto limite del lavoro che non permette il salto di qualità.
Mi spiego meglio.
Alcuni riff sono oggettivamente molto belli, così come alcune linee melodiche davvero riuscite e curate, tutto questo viene purtroppo inserito in un contesto in cui la voce, oltre a non aggiungere qualcosa in più, toglie coinvolgimento e rovina in parte i brani creando quasi un senso di fastidio. Fastidio per quello che sarebbe potuto essere ma che è stato “trattato” così, capiamoci.
Mi rendo conto che non sia semplice trovare un buon cantante e costruire una band solida attorno al proprio progetto ma in questo modo, appunto, rimane solo un progetto che potrebbe esprimere il proprio potenziale in modo assai migliore. Questa è la differenza con una band vera.
Poi, voglio dire, se la voce non c’è, se non è un’arma su cui puntare perché utilizzarla come su "
Warrior from a Future World"? Per capire meglio vi invito a visionare la loro recente esibizione al KIT 2022 che potete trovare
qui. Con un frontman capace, il livello si eleverebbe di molto.
Ma non siamo qui a parlare al condizionale, basiamoci invece sui fatti.
Tornando a
"Time And Tiranny", rispetto al precedente lavoro è possibile percepire chiaramente una maggiore influenza dei Maiden e, nello specifico, si sentono richiami a Somewhere in Time (“
The Light that Fades Again”), sia per le doppie linee di chitarra che per la progressione degli accordi tipica di
Harris, sia per il suono scelto. Le canzoni hanno un fascino ruspante anni ’80 ma sono sempre ben curate e arrangiate, compaiono a tratti anche leggere tastiere, riffing e melodie (come già detto) sono buone ma la formula scelta insiste spesso su comodi mid tempo e up tempo. Mancano forse alcuni strappi veloci, stacchi degni di nota, questo toglie un pochino di spinta che avrebbe potuto far decollare certi pezzi che, invece, presentano alcune lungaggini non necessarie. In un disco di 35 minuti non dev’esserci il minimo momento di stanca, in cui si guarda l’orologio, in cui affiora la monotonia. Qui abbiamo anche una intro iniziale, una intro all’inizio del secondo pezzo, un intermezzo ("
Enter the Warrior") sul finale, per un totale di appena 6 pezzi “veri”.
Mi rendo conto che senza ascoltare il disco (cosa che vi invito a fare, ve l'ho messo qui sotto) il paesaggio descritto finora possa risultare sconsolante ma non è così, solo che il rammarico per la potenzialità non espressa a pieno prende spesso il sopravvento. Se si trattasse di un demo questo lavoro si aggiudicherebbe un 7,5 abbondante, ma qui si parla di un album proposto in un mercato (agonizzante) il cui il metal classico sta vivendo da anni una sorta di seconda giovinezza (sempre a livello underground, naturalmente) e molti competitor dimostrano un valore davvero alto. Non posso premiare solo le idee e provare affetto per una proposta indubbiamente fatta col cuore, servono anche dei risultati convincenti che potrebbero magari arrivare creando una solidità fatta con componenti veri. Speriamo che i
Konquest possano trovare i mezzi per fare il salto di qualità definitivo.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?