Ero entrato in contatto con i
Celestial Season durante la seconda metà degli anni '90, periodo durante il quale avevano realizzato due ottimi album del nascente filone hard-stoner: "Orange" (1997) e l'eccellente "Chrome" (1999). All'epoca l'olanda stava sfornando formazioni molto interessanti in questo ambito, come i 35007 (o Loose se letto al contrario), i 7Zuma7, i Beaver, ai quali si era aggiunta con ottimo cipiglio la formazione di Nijmegen. In realtà questo gruppo possedeva già un solido background musicale, ma di genere completamente diverso. Con i primi due lavori, "Forever scarlet passion" (1993) e "Solar lovers" (1995), i
Celestial Season erano emersi come doom/death band nella scia di colossi quali Paradise Lost, Anathema, My Dying Bride. Uno stile cupo e funereo, sofferto e tetramente atmosferico, che li aveva messi in luce come risposta olandese ai colossi britannici. In seguito a copiosi rimaneggiamenti di line up e di attitudine, era nata la svolta verso lo stoner e la decisa sterzata verso un altro tipo di audience. Purtroppo, al principio del nuovo millennio il gruppo decise di sciogliersi e far perdere completamente le proprie tracce.
Nel 2020 avviene l'inaspettato ritorno degli olandesi con "
The secret teachings". Ritorno in tutti i sensi, perchè si tratta di una completa ricollocazione sulle direttive delle lontane origini musicali. La formazione comprende musicisti dei primi due lavori ed il sound abbandona completamente le componenti stoner per riproporre il passo lento e tenebroso degli esordi.
La coerenza di questa nuova giravolta professionale è testimoniata dal fatto che il presente "
Mysterium I" si pone come primo capitolo di una trilogia, che verrà completata a detta della band nel prossimo anno.
Il disco si inserisce a pieno titolo nel filone doom-death-gothic, con brani dal passo lentissimo e cimiteriale, atmosfera iper-malinconica e decadente, costante contrasto tra arrangiamenti di violino e violoncello (sapientemente utilizzati dalle due strumentiste classiche
Jiska Ter Bals e
Elianne Anemaat) ed il growl del cantante originario
Stefan Ruiters.
L'attacco di "
Black water mirrors" è da manuale del doom gotico: lentezza inquietante, malinconia struggente, cupezza che veicola sentimenti di angoscia straziante, ma anche una rocciosa solidità heavy fatta di riff granitici e drumming poderoso. Gli inserti romantici e sconsolati accentuano l'atmosfera plunbea da fine esistenza, per un brano canonico ma di sicuro effetto.
Nella successiva "
The golden light of late day" sono evidenti i richiami ai Type 0 Negative, per l'abbondanza di passaggi dark-melodici gravidi di tragedia esistenziale, mentre "
Sundown trascends us" mostra un andamento leggermente più squadrato e trascinante, guidato dalla voce tombale di
Ruiters e da giri di chitarra hard-doomy.
Altro episodio puramente goth-doom è "
The glorious summer", molto buono a livello estetico ma un pò piatto in quello espressivo e dinamico. Meglio, per i miei gusti, l'incalzante "
Endgame" che esprime il passo severo e ieratico del miglior doom atmosferico. Certi passaggi insistiti rievocano echi del periodo stoner, pur se la canzone è pienamente ascrivibile al filone dei Paradise Lost.
Molto bella "
All that is known", davvero cimiteriale e mortifera, con un'atmosfera da incubo orrorifico che piacerà tantissimo ai fans degli Anathema. Rarefazione e lentezza disarmante, con gli archi che accompagnano gli spoken-words del cantante. Un pezzo scenografico che avvolge l'ascoltatore in una cappa di desolazione angosciante.
Infine, la title-track è un classico episodio di goth-metal dalla consistenza estremamente romantica. Una sorta di soundtrack per un film di vampiri o per un viaggio nei reami del post-mortem, molto narcotica e teatrale seppur un pochino stucchevole nel suo andamento pacato e volutamente monotono.
I
Celestial Season si confermano una buona band doom-death, non innovativa ma dotata di esperienza e sufficiente buon gusto. Le componenti romantiche e scenografiche prevalgono in media su quelle rocciose e pulsanti, cosa che limita un pò l'impatto generale del lavoro. Comunque, se siete appassionati di questo stile cupo e depressivo gli olandesi sono una formazione capace di mettere a frutto la propria decennale esperienza.
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