"
Free from hardtimes" è un titolo che si riferisce alla liberazione dai cupi tempi della pandemia e delle restrizioni sanitarie, che hanno segnato in qualche modo tutte le nazioni del mondo. Lo propone il trio
Twin Void, di Spokane, Washington.
Si tratta di una dirty-rock-blues band che adotta un approccio diretto e sanguigno alla musica, uno stile composto da temi hard molto diretti e viscerali, attitudine rebel-punk e qualche sottile riferimento al multiforme paradigma stoner. Al primo ascolto mi hanno subito ricordato nomi come Mondo Generator, Eagles of Death Metal o, in senso più ampio, i The Hellacopters.
Rock'n'roll sporco e ruvido, roba da bikers e ottani di gasolio, con un costante sottofondo di rozzezza, cafoneria e desiderio di ribellione al sistema e alle convenzioni "politically correct". Questo è sempre positivo quando si parla di rock, un genere nato in contrapposizione ad un certo regime culturale e sociale (aspetto spesso dimenticato ai nostri giorni) e che oggi si cerca di utilizzare in maniera edulcorata e finto-trasgressiva a beneficio del mainstream imperante. Io ho sempre preferito invece la "vecchia maniera", quella dove il sound viene generato dal cuore e dai testicoli e la rabbia, l'energia, l'impatto immediato, sono le componenti più evidenti.
Il terzetto americano sotto questo aspetto non delude: i brani principali sono tutti convincenti con passaggi davvero brillanti, il groove ed il calore abbondano, il mordente è da "outlaws" duri e puri, con l'aggiunta di qualche riempitivo che sembra utile soltanto ad allungare la durata dell'album.
Un pezzo come "
Hellcat" è adrenalina pura, dirty punk da scapocciamento continuo con un bel riff ignorante e le urla da gang metropolitana del leader
Nathan Bidwell (voce e chitarra). Brano da sudore e pulsioni rettiliane, di quelli che ammazzano nelle performances dal vivo. Lo stesso si può dire di "
Sharper than a switchblade", che però evidenzia una maggiore squadratura e costruzione ragionata. La componente stoner è più accentuata, pur rimanendo pienamente nell'ambito del rock carnale ed epidermico.
Gli elementi bluesy emergono potentemente nella torbida "
Sky burial", dal passo rallentato e psicotico che ricorda una sorta di doom schizofrenico e malato. Episodio dall'atmosfera malata e furiosa, con buoni cambi di soluzione e tensione costante. Classico tiro punky per "
California death-rattle", una botta nevrotica che nella seconda metà diventa insinuante e stonerizzata, mentre "
Bird days" ha la consistenza di un hard rock tradizionale suonato sotto l'effeto di sostanze. La trama è abbastanza classica, ma l'esecuzione è grezza come carta vetrata. Una band che dimostra di suonare con estrema passione e senza badare all'estetica di chi vuole piacere un pò a tutti. I
Twin Void sono invece formazione per rockers navigati e desiderosi di una bella scarica di elettricità granulosa, roba da scuotere le ossa e combattere la piattezza della vita quotidiana.
Peccato per qualche filler come l'intro "
Hardtimes" o il cameo acustico "
Set me on fire", country-ballad minimalista, ma una bella canzone come "
You can hear the devil walkin" rimette le cose nella giusta direzione. Rock belligerante, substrato melodico, potenza rocciosa, tutto l'arsenale dell'hard infiltrato dallo stoner viene dispiegato a pieno volume, compreso il riffone da headbanging e qualche vago sentore acido.
Un disco onesto, sincero, immediato, che trasmette positiva voglia di caos e disobbedienza. Non fa gridare al miracolo, ma di questi tempi è una buona boccata di ossigeno. Se i
Twin Void riusciranno a fare un ulteriore salto di qualità, potranno diventare una band davvero rimarchevole in campo dirty-rock.
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