Adoro la voce granulosa e pastosa di
Gregory Lynn Hall (un misto tra
David Glenn Eisley,
Lou Gramm e
Graham Bonnet) e un analogo sentimento lo provo per “
Never say surrender” (ricordando anche con quale difficoltà riuscii ad impossessarmene …), unico parto discografico dei Red Dawn, di cui
Tristan Avakian era l’abile chitarrista.
Difficile, con tali premesse, non avvicinarsi con enorme curiosità al debutto dei
Killer Kings, un nuovo “assemblaggio” artistico ordito dalla
Frontiers Music, a cui contribuiscono anche l’infaticabile
Alessandro Del Vecchio e l’ottimo
Nicholas Papapicco.
E allora diciamo subito che i due principali protagonisti del gruppo non deludono affatto i loro “storici” estimatori e che “
Burn for love” si presenta al pubblico dell’
hard melodico con le fattezze di un disco altamente godibile, cantato con notevole trasporto e forza comunicativa e suonato con sensibilità e buongusto, anche dai due succitati esperti coadiutori esecutivi.
Per quanto riguarda il
songwriting, il livello è altresì piuttosto elevato e qualora Rainbow, House Of Lords, Magnum, Journey e gli stessi 101 South (di cui
Lynn Hall è stato il
frontman) siano tra i vostri ascolti quotidiani, non mi lascerei sfuggire l’occasione di rimpinguare le benevoli dosi di scariche endorfiniche affidandosi ad una
title-track che fonde con arguzia Survivor, Bad English e Whitesnake, a una “
I will be stronger” che solca con disinvoltura territori ancor più esplicitamente
AOR e a una “
Higher” che, sulle medesime traiettorie, arriva ad incrociare le tipiche progressioni armoniche dei Journey, tuttora tra i campioni incontrastati del genere.
La suggestiva “
In a different world” si dimostra un eccellente saggio delle capacità interpretative di un cantante non sufficientemente incensato e se
“Another night, another fight” piacerà sicuramente ai tifosi dei Magnum, “
Phoenix” non mancherà di solleticare le memorie dei sostenitori di Rainbow (quelli “americani”), Giuffria e degli immancabili Journey.
Lo
slow “Two ships”, la pulsante e notturna “
Losing me” e, soprattutto, la vivace "
Do or die”, aggiungono l’effige degli Alcatrazz alla galleria delle possibili relazioni artistiche, mentre “
The pains of yesterday” torna a frequentare felicemente atmosfere
pompose e con la conclusiva “
Ain’t no end in sight” il programma si arricchisce di un altro gradevole numero dal temperamento “adulto”.
I
Killer Kings si affacciano alle convulsioni del
rockrama contemporaneo con la nomea del “progetto” e questo probabilmente non li aiuterà ad attirare l’attenzione di un pubblico di riferimento ormai disorientato e stordito dalla ricchezza dell’offerta, ma “
Burn for love” è davvero un buonissimo lavoro e la mia speranza è che sappiate apprezzarlo come merita senza farvi condizionare dalle apparenze.
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