Pur senza preclusioni di sorta, non ho un grandissimo “rapporto” con il
rockrama francese … a parte qualche “grosso” nome e taluni sporadici
outsider, lo conosco poco e faccio fatica a ricordarmi qualche gruppo transalpino che mi abbia fatto trasalire dalla soddisfazione.
Una situazione che ha “rischiato” veramente di mutare dopo aver fatto la conoscenza con i
BlackRain, formazione attiva dai primi anni 2000, con alle spalle un importante e prestigioso bagaglio professionale anche sul fronte
live, avendo “aperto” i concerti di Europe,
Alice Cooper, Scorpions e Steel Panther.
Un “rischio” che non ha trovato piena conferma solo perché ritengo il quartetto in questione leggermente troppo “didascalico” e un pochino lezioso, in quel settore musicale che vede “gente” come Skid Row, WASP, Motley Crue, Hardcore Superstar e Buckcherry tra i primari modelli di riferimento.
Intendiamoci, se apprezzate questi suoni, “
Untamed” saprà sicuramente garantirvi un sacco di buone vibrazioni, ricco com’è di melodie adescanti, ritornelli contagiosi, sfrontata energia e un uso abbastanza sapiente dell’elettronica (cosa che li avvicina per certi versi pure agli ultimi Reckless Love).
Il problema, se vogliamo chiamarlo così, è che il tutto sembra vagamente “plastificato” e i
cliché affiorano talvolta in maniera fin troppo sfacciata lungo il programma dell’albo.
Superata questa “sensazione”, non rimane che abbandonarsi al
riff tagliente e al
refrain “da stadio” della
title-track dell’opera, al
groove denso e ammaliante di “
Kiss the sky”, alle atmosfere lontanamente Bon Jovi-
esche (con tanto di
talk-box) di “
Dawn of hell” o alle foschie soniche di “
All the darkness”, sicuri di ricevere una buona dose di
feedback emozionale.
A chi predilige il
glam-rock più scanzonato sono dedicate “
Demon” (con qualcosa di Cheap Trick e Enuff Z’Nuff nell’impasto) e “
Summer Jesus”, mentre il clima esotico di “
Set the world on fire” arriva addirittura a rievocare (alla lontana) dei
cult-heroes del settore del calibro dei The Throbs, per poi ritornare ai “nostri giorni” con la soltanto discreta “
Neon drift”, non a caso impreziosita da un
cameo del chitarrista dei Kissin’ Dynamite
Jim Müller.
Un legame, quello con gli
hard-rockers tedeschi, confermato dalla produzione di
Hannes Braun e da certe analogie nelle soluzioni sonore, per un risultato complessivo a tratti un po’ “forzato” e superficiale, proprio come le strutture armoniche portanti di “
Blade of love”, “
Raise your glass” e “
Shut down”, di certo non moleste ma nemmeno esattamente memorabili.
La gradevole ballata “
The end” pone fine alle “ostilità” senza strabiliare l’astante, avvalorando la tesi che i
BlackRain sono senza dubbio dei validi interpreti del genere, a cui manca solo un pizzico di maggiore istintualità ed autonomia per emergere dal “mucchio selvaggio” in maniera decisiva.
Intanto, però, inserisco il loro nome tra gli “osservati speciali” della
scène rock française …