Nessuno li ha definiti: “
Un po’ Fates Warning e un po’ Queensryche”.
E giustamente, dopo questo esordio, vi chiederete di che diavolo stia parlando.
Diciamo che l’incipit è frutto di una suggestione che mi riporta al mito di Ulisse, e precisamente alla parte in cui il nostro eroe inizia a tessere il suo inganno ai danni del ciclope Polifemo affermando di chiamarsi Nessuno.
Ma perché tiro fuori Omero e i miti greci?La risposta è invero piuttosto banale e poco c’entra con la letteratura classica: un gloriosissimo utente del nostro gloriosissimo forum, dopo aver ascoltato il disco oggetto di questa recensione, ha usato queste precise parole per inquadrare gli
Oracle: “
Un po’ Fates Warning e un po’ Queensryche”. E il nickname dell’utente in questione è, per l’appunto,
None.
Ora che avrete colto, e senza dubbio grandemente apprezzato, il clamoroso colpo di genio alla base di questa boutade (ehm …), magari passiamo a spendere due minuti su per parlare di "
As Darkness Reigns", che è cosa buona e giusta.
Allora, le vicende degli Oracle e di questo loro (unico) disco sono abbastanza curiose e sinceramente piuttosto rapide da raccontare: formatisi nel 1988 a Jacksonville (Florida, quindi terra di death) con il nome di
Prodigy, i nostri fanno uscire "As Darkness Reigns" in forma di demo nel 1992.
Nel 1993 decidono di cambiare nome in Oracle e di ripubblicare la loro opera con lo stesso titolo ma un diverso ordine delle tracce, dopo di che, sostanzialmente, spariscono nel nulla.
Fine di questa breve storia triste.
Ma chi erano, e cosa ci propongono?
Prima sorpresa: all’interno della formazione troviamo due nomi non del tutto sconosciuti, ossia il bassista
James McDonough (che ha suonato anche con
Megadeth, Iced Earth, Nevermore e Strapping Young Lad), che però non partecipa alle registrazioni (a cui prende parte il bravissimo
Kevin Reid), e il batterista
Brent Smedley (a sua volta con gli
Iced Earth), affiancati dal chitarrista
Kent Smedley (fratello di Brent) e dall'ottimo cantante
Bill Wren (passato a miglior vita nel 2020).
Seconda sorpresa (almeno per me): "As Darkness Reigns" è un eccellente, ma davvero eccellente, esemplare di power americano venato di progressive: strutture tutt’altro che banali, assoli di chitarra spesso ai limiti dello shred (di quello bello però), riff multistrato cangianti nella misura adeguata a tenere sempre desto l’interesse, basso presentissimo che si stacca spesso e volentieri dal mero accompagnamento delle ritmiche, vocals potenti e affilate, in piena coerenza con le voci appartenenti ai maestri del genere, e, in definitiva, una propensione molto accentuata a tratteggiare atmosfere capaci di alternare con mirabile equilibrio aggressività e suggestione.
In tutto sono nove le tracce che vanno a comporre un mosaico quanto mai affascinante e che ci tiene in compagnia per oltre un’ora (sì, avete fatto bene i conti, sono quasi 7 minuti di media a canzone).
Ora, mi rendo perfettamente conto che l'aver evocato all’inizio due nomi intoccabili del metal a stelle e strisce (anzi, del metal mondiale) ponga l’asticella molto in alto; non per questo però ritengo che si tratti di un accostamento azzardato, perché tra i solchi di questo lavoro troverete davvero tanta qualità che, come spessissimo accade, non si è affrancata dal più oscuro underground solo perché arrivata fuori tempo massimo (o forse perché, semplicemente, “uno su mille ce la fa”).
Anche e soprattutto per questo ritengo ancora una volta estremamente meritoria l’opera di recupero compiuta dalla
Sonic Age Records che, grazie alla sua collana
Cult Metal Classic, mi ha permesso di scoprire l’ennesimo gioiello impolverato, che per anni è rimasto dimenticato sul fondo di qualche cassetto ma che per nostra fortuna è stato ritrovato e portato a nuova vita.
Recensione a cura di
diego