Un grande traguardo quello raggiunto dai bergamaschi Ulvedhaar, che raggiunti (e oltrepassati) i dieci anni di carriera giungono al quinto disco in studio, con le sempre costanti di Michele Balduzzi alla batteria e Ark Nattlig Ulv al microfono e alla chitarra, presenti fin dal primo album nel lontano (purtroppo) 2011. Non granchè si è smosso in tutto questo tempo, e la band continua su quel death/thrash che ricorda moltissimo gli ultimi lavori degli Unleashed, da Midvinterblot in poi per capirci, oltre a qualche sprazzo qua e là di Bolt Thrower e Vader.


[Foto fornita nel Comunicato Stampa]

Ed effettivamente, anche 'Inferno XXXIII' non fa eccezione. Tutto ciò che effettivamente cambia è la durata del disco, che va poco sotto i 40 minuti, e questo accorciamento si riscontra anche nei pezzi, molto più diretti, senza tanti fronzoli, seguendo la scia di quanto si era già sentito in 'World Of Chaos'. Non che questo sia un male, certo, ma il problema è che quasi tutti i pezzi di questo nuovo album finiscono con il confondersi l'un l'altro. Se fanno eccezione pezzi dall'andamento più epico come 'Eternal Attack', il resto viaggia costantemente su binari accelerati, non un momento di pausa (tranne per la breve strumentale finale 'Oblivion'), e dove dopo un paio di canzon l'impressione generale è quella di aver già sentito tutto in precedenza. 'Dagon', 'A New God', o 'Wasteland' sono tutte più che valide, ma non si riesce mai a riscontrare una vera e propria differenza.

Ci ritroviamo dunque a un vero e proprio inferno sonoro, di nome e di fatto, ma sarebbe stato più interessante trovare una maggiore diversità e fantasia nel songwriting. Sicuramente 'Inferno XXXIII' troverà degli estimatori, ma in questo caso purtroppo non è scoccata la scintilla.