Suonare “attuali” senza snaturare i
Sacri Dogmi del genere o, se preferite, guardare alla
Storia del settore evitando facili nostalgie e non finendo vittima dei comodi
cliché … un’operazione obiettivamente complicata e delicata, da attuare sostenuti da cultura, talento e ambizione.
Ebbene, i
Seventh Crystal, dopo averlo già dimostrato ai tempi del pregevole debutto “
Delirium”, confermano chiaramente le loro velleità artistiche con questo secondo
album veramente riuscito e coinvolgente.
“
Wonderland” appare dunque una collezione di splendide canzoni piene di freschezza,
verve e melodie accattivanti, che sono certo gli estimatori di H.E.A.T., One Desire, Creye e Diamond Dawn (tanto per fare qualche esempio significativo) non potranno fare altro che provare a “consumare” attraverso l’ascolto reiterato.
L’ingresso nella
band svedese della chitarra di
Gustav Linde ha verosimilmente contribuito almeno in parte a rendere il suono più corposo, mentre sono ancora una volta la voce e le capacità interpretative di
Kristian Fyhr a fungere da meraviglioso collante emotivo all’interno di un programma variegato e assolutamente privo di controindicazioni, in un crogiolo di
hard melodico,
pop,
AOR e scorie
prog davvero appassionante.
L’irruzione del
riff e del ritmo palpitante della
title-track dell’opera bendispongono alla fruizione di un eccellente atto d’apertura, immediatamente sostenuto da “
Higher ground”, alimentata dalle tastiere di
Johan Älvsång e da una tensione espressiva in favolosa progressione.
Arrivati alle pulsazioni di “
Hollow”, appare lampante la capacità dei nostri nel trattare la materia specifica, anche quella maggiormente “canonica”, con innata destrezza, e se qualcuno avesse ancora dei dubbi ci pensa il clima evocativo (e vagamente “celtico”) di “
Million times” a fugare ogni residua remora.
Sciolta ogni eventuale perplessità, non rimane che affidarsi alla classe innata di un rampollo sonoro del tipico
pop-rock scandinavo come “
My own way” e all’emozionante quota melodrammatica della raccolta, ben rappresentata dalla catartica “
Imperfection” e dalla
ballatona ad ampio respiro “
In the mirror”.
Ancora un trascinante
anthem poppettoso denominato “
Next generation” (titolo programmatico?), prima che le contagiose “
Someday” e “
Rodeo” (che mi ha ricordato una specie di fusione tra Eclipse e Gotye …
boh …) pongano il loro prezioso sigillo su un disco da incorniciare, con cui i
Seventh Crystal risolvono la difficile equazione citata all’inizio della disamina in bello stile, accreditandosi tra i migliori “modellatori” melodici della scena contemporanea.
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