Dopo un primo album, uscito una decina di anni fa, tornano con un nuovo full length gli statunitensi
Absolon, o meglio "torna" - al singolare - in quanto della formazione che incise "Darkness Rising: A Tale of Derek Blackheart" è rimasto il solo
Ken Pike.
Infatti, "
A Portrait Of Madness" è quasi tutta farina di Pike, che si fa supportare dal chitarrista tedesco (anche al basso)
Marc Vanderberg e alle tastiere ed al piano dalla moglie
Ryo, e dopo essere uscito già sul finire del 2022 in formato digitale per la Dead Alien Productions nei primi mesi 2023 ci viene riproposto prima da
Sliptrick Records (sempre in digitale) e poi da
Roxx Records/No Life Til Metal Records (finalmente su CD).
Non ci sono stati solo tanti anni di attesa, ma è evidente come ci sia anche un gran lavoro dietro "
A Portrait Of Madness", un concept album incentrato sui dolori del giovane Randolph Bathery, un reduce della Prima Guerra Mondiale che tornato a Londra non solo soffre di quello che oggi verrebbe definito disturbo da stress post-traumatico, ma deve lottare contro una possessione demoniaca.
Una storia piuttosto fosca e intricata che
Pike riporta a livello musicale, alternando ai brani diversi interludi strumentali e narrati, e dove, anche per una certa assonanza tra la sua voce e quella di Geoff Tate è evidente che questa operazione sia parecchio in debito con "Operation: Mindcrime", come è evidente già dai primi passaggi di "
This Is My Dream" e poi di "
Blinded By Lies" e "
Into My Hell Your Cast", episodi caratterizzati dalla voce bassa e profonda di
Pike. Ma oltre ai Queensryche c'è anche molto dei Savatage su "
A Portrait Of Madness", dove tuttavia manca qualche sussulto, visto che il pur valido guitarwork di
Vanderberg, ad esempio quello su "
Forever One", non è sufficiente a dare uno scossone allo svolgimento lento, oscuro e cupo che caratterizza "
A Portrait Of Madness".
Credo che questa uniformità sia da attribuire più alla necessità di raccontare la storia di Randolph Bathery che a lacune compositive anche se, ad esempio, un brano come "
1916" che riporta il protagonista sui campi di battaglia della WWI avrebbe meritato maggior incisività e, perché, no cattiveria, quella che in parte trasmettono "
Let Me Be" (più che altro a livello ritmico) e "
The Men in Black Robes" con quel suo ruvido approccio hardeggiante.
Il ritorno degli
Absolon si rivela quantomeno discreto, e pur senza eccellere non merita di essere ignorato. Tutt'altro.
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