Sfortunatissima coincidenza quella di "
Dog Eat Dog", l'ultimo studio album di
Pino Scotto. Esce nei primissimi mesi del 2020, quando "Mister Dipisciemmme" inizia a furoreggiare in prima serata, comunicando a tutti i teleguidati che l'Italia sarebbe diventato un paese di appestati.
Da lì iniziano impietose serrate nazionali, dove anche un ciclista in solitaria viene inseguito da droni e da impavidi tutori della legge, generalmente molto meno solerti all'intervento. Chiusa parentesi, l'ex voce dei
Vanadium si è trovato "ingabbiato" senza colpa, con un nuovo, bellissimo album da promuovere, ma senza la consueta sequela di live sparsi in tutta Italia da Nord a Sud, isole comprese. Impossibile, il paese si ferma, ed anche la musica con lui. Eccezion fatta per tre virostar che intonano Jingle Bells. Pur conoscendo Pino da 30 anni, posso solo immaginare il turbinio di pensieri che hanno iniziato a rimbalzare tra testa e cuore.
Gitano delle notti milanesi, con una carriera di rock'n'roll cantato e vissuto sulle spalle, credo che gli sia letteralmente mancata l'aria da respirare. Quando finalmente si sono riaperte le porte dei locali, dopo un'in(o)culazione di massa dai benefici tutti da dimostrare (case farmaceutiche a parte), Scotto è tornato a predicare energia a fiumi, con le grandi canzoni che ne hanno caratterizzato il percorso artistico. Non ultime quelle del succitato e splendido "Dog Eat Dog", che finalmente ha potuto assistere ad una sua protesi sul palco. "
Live 'N Bad" è una sorta di "corso di recupero" per tutti i fans che, giocoforza, non hanno potuto assistere ai concerti del Pino nazionale. Pezzi recenti come "
Don't Waste Your Time", "
Not Too Late" (street riff da paura) "
Talking Trash" e la stessa "
Dog Eat Dog" ben si amalgamano con il resto del materiale presente nel cd, anzi è sempre stato uno dei pregi maggiori di Scotto quello di non cullarsi sugli allori del passato. E che passato!
Ne è ulteriore dimostrazione il fatto che anche i brani tratti dal penultimo "
Eye For An Eye", tipo la title-track o "
Cage Of Mind", si ritagliano senza problemi il loro spazio. Ovviamente non possono mancare tre classici firmati Vanadium, tra una "
Don't Be Looking Back" ed una "
Get Up Shake Up", passando per il capolavoro "
Streets Of Danger", la cui storica intro viene rivestita di un inaspettato blues mood.
Detto ciò, la rabbia ancestrale sprigionata dalla voce di Pino è, ancora oggi, l'unico elemento che sappia rendere sacra giustizia a questo brano immortale. Assurte ai ranghi di irrinunciabili pure "
La Resa Dei Conti" e "
Morta È La Città", eseguite con perizia da una band dal sincronismo perfetto, ed intonate da Scotto con una veemenza, se possibile, ancora più tangibile rispetto al passato.
Un live dal sapore antico, in cui il leader lascia lo spazio ai suoi "gregari", con tanto di assoli di chitarra, basso e batteria, esattamente come si usava fare una volta. Ma questo è un dettaglio che solo i vecchi "boomers" sapranno cogliere ed apprezzare.
Una sferzata di energia salutare in un mercato discografico popolato di cadaveri, e se solo qualche ventenne avesse ancora la carica anti-establishment di Pino, la situazione sarebbe sicuramente ben diversa.
"
Palazzo del Potere, baciateci il culo", urla Scotto alla fine de "La Resa Dei Conti": fino a quando ce lo lasceranno ancora dire?
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