Dopo due anni ecco il ritorno dei tedeschi con il quarto sigillo discografico, un album che non si discosta più di tanto dal percorso artistico della band teutonica.
Il quintetto non sarà mai un capomastro, ma un valido operaio, perché la formazione originaria della Foresta Nera ha come numi tutelari alcune band del black metal svedese come
Dissection, Necrophobic, Watain ecc.
Non che sia un male, perché i brani di questo nuovo lavoro scorrono via veloce e hanno qualche guizzo di personalità ma vorrei avessero fatto di più.
Basta sentire il dittico d’apertura “
Dying in the mud” e “
Return…” per capire subito l’andazzo, ovvero riffing in tremolo con cambi di tempo alternando parti dinamiche in up tempo e blast beat, screaming abbastanza scuro e melodie ben dosate.
Tutto già sentito? Si anche se le capacità tecniche ci sono e la fluidità dei brani è presente come nella ottava traccia “
In the tyranny of I” dallo spunto interessante o la conclusiva “
Martyr” che offre qualcosina di più con l’aggiunta di una sezione arpeggiata e un bel lavoro di chitarra.
Perciò buona prova formale, ma vorrei più coraggio; se siete amanti delle band svedesi sopracitate fateci più di un pensierino.
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