"HO VISTO LA LUCE!!!"
Scusate se mi permetto di parafrasare il grande John Belushi, in “The Blues Brothers”, ma ho il medesimo entusiasmo di quando, nel film, il suo personaggio, ovvero Jake, venne illuminato dall’omelia del simpatico reverendo interpretato da James Brown, esclamando la suddetta frase!
Tuttavia “LA MIA LUCE”, quella da cui io sono stato folgorato, è rappresentata da
Towers Of Gold, la nuova splendida creatura musicale, uscita per
No Remorse Records, partorita dai greci
Sacred Outcry, i quali, già nel 2020, avevano stupito tutti, con il loro eccellente esordio discografico
Damned For All Time.
Come si dice in questi casi, "squadra che vince non si cambia?"
Eh no, questo luogo comune evidentemente non si sposa con la filosofia della band ellenica! Si cambia eccome, possibilmente in meglio!
La line-up dei
Sacred Outcry, rispetto al lavoro di debutto è stata difatti completamente stravolta in questi ultimi 2 anni e, accanto al leader e unico superstite,
George Apalodimas al basso, fanno il loro ingresso in formazione
Defkalion Dimos alla batteria,
Steve Lado alla chitarra, ma soprattutto, SUA MAESTA’
Daniel Heiman alla voce che, dopo i recenti lavori con i
Dimhav e, soprattutto dopo il capolavoro "The Mad King" con gli
Warrior Path ribadisce, una volta ancora, il suo ritorno in pianta stabile nel panorama metal, dopo i tanti (TROPPI) anni di assenza.
Towers Of Gold è, senza tanti giri di parole, un disco magico, da pelle d’oca!
Difficile, per non dire impossibile, non rimanere stregati al cospetto di un gioiello di cosi rara bellezza, che in futuro, sono certo, sarà in grado di superare brillantemente anche la temutissima “prova del tempo”.
A livello di lyrics, si tratta di un concept, incentrato su un racconto di fantasia, in cui sono narrate le gesta di un intrepido marinaio che, insieme alla sua ciurma, si lancia in una gloriosa (quanto ossessiva) epopea, non priva disavventure e colpi di scena, alla ricerca delle leggendarie “Torri dell’Oro”, dove, si dice, siano custoditi antichi tesori e conoscenze mai rivelate all’umanità, insomma una sorta di “Sacro Graal”.
Il punto di forza dell’album, sta proprio nell’attitudine delle composizioni, di riuscire a definire musicalmente, in maniera tangibile, quell’alone di epico eroismo pulsante che avvolge l’intera vicenda e che si può respirare a pieni polmoni dall’inizio alla fine del disco.
Riusciranno, alla fine, i nostri eroi a trovare le gloriose Torri dell’Oro?
Lo scoprirete solo (come ho fatto io) comprando il cd originale e leggendo il booklet!
Dal punto di vista musicale invece,
Towers Of Gold si presenta come un’unica ENORME (in tutti i sensi) compatta traccia di 55 minuti, che può eventualmente essere suddivisa in diversi capitoli, all’interno dei quali, spicca indubbiamente la title-track che, con i suoi 14 minuti, riesce a condensare al meglio tutte le sfumature di quest’opera monumentale e avvincente.
Dopo una partenza assolutamente esplosiva, concretizzatasi tramite l’accoppiata
The Flame Rekindled-The Voyage, vera e propria dichiarazione di intenti battaglieri, seguono episodi dalle ritmiche più cadenzate, ma altrettanto incalzanti, in cui le atmosfere si fanno maggiormente introspettive, considerando che vanno a scandagliare a fondo le inquietudini del protagonista del concept, analizzandone i timori, ma anche la sua perenne bramosia di raggiungere lo scopo. In questo contesto si collocano, ad esempio, brani come
Symphony Of The Night o
The Sweet Wine Of Betrayal, dotati di un forte impatto emotivo ma, è bene ribadirlo, tutte le tracce sono animate da un’intrinseca bellezza, che viene sprigionata in tutta il suo splendore, folgorando, con la sua LUCE abbagliante, l’ignaro ascoltatore.
La magniloquenza e l'intensità che avvolgono l’intero album, sono descritte da linee melodiche genuine, sempre ricercate e mai fini a se stesse, oppure attraverso autentiche sfuriate power, che si alternano con trame più romantiche, dallo spiccato sapore epic-heavy e, talvolta, anche con partiture sinfoniche che, saggiamente, non scadono mai nell’eccessiva pomposità, ma fanno solo da sfondo ad un quadro musicale variegato, eppure assolutamente armonico.
Il sound, dal canto suo, non viene alleggerito dalla suddetta ricercatezza melodica, ma risulta sempre robusto, per merito di chitarre corpose e di una sezione ritmica che riesce a bilanciare velocità in doppia cassa a momenti più cadenzati, in un turbinio di emozioni e atmosfere magiche, impreziosite dall’ugola dorata di
Damiel Heiman, a conti fatti, l’autentico valore aggiunto del platter, grazie alle suo timbro unico, in grado di raggiungere altitudini tonali inarrivabili, al limite dell’umana comprensione.
A proposito, viene naturale chiedersi cosa ci siamo persi in questi anni in cui il singer svedese è sparito dalla circolazione, ma è inutile crucciarsi, non avremo mai la risposta a tale quesito, tanto vale godersi nuovamente la sua voce in tutta la propria magnificenza.
Del resto, finché c’è
Heiman, c’è speranza!