Secondo album, in poco meno di un anno, per il progetto black metal, nativo americano,
Blackbraid, un nome venuto fuori praticamente dal nulla che, in pochissimo tempo, è già riuscito a ritagliarsi una fetta cospicua di "popolarità" nell'underground estremo, nonché il rispetto, più o meno unanime, degli addetti al lavoro.
I motivi di questo "successo"?
Me lo sono chiesto sia in occasione del debut, sia in occasione del nuovo lavoro, e la risposta è stata la stessa:
Sgah'gahsowáh. l'uomo dietro a
Blackbraid, riesce ad essere un cantastorie delle sue tradizioni, e dell'ancestrale rapporto tra uomo e natura, in maniera credibile, genuina e, soprattutto, con una carica passionale difficile da non scorgere.
"Blackbraid II" pur essendo un album lungo, quasi il doppio rispetto al suo predecessore, infatti, risulta essere immediato, perfettamente bilanciato tra violenza e melodia, ricco di epicità, devoto all'antico spirito indiano, richiamato dai curatissimi momenti acustici che intermezzano o arricchiscono i brani, e, soprattutto, ispiratissimo in fase di songwriting tanto che, nonostante la sua durata, non si ha mai la sensazione di pesantezza (in senso negativo) o, peggio, di noia, poiché le bellissime atmosfere e le armonie vincenti prendono il sopravvento su tutto e ci calano nel mondo, e nella cultura, di questo nativo americano dalla mano compositiva ben sopra la media.
Certo,
Blackbraid si rifà, pesantemente, alla seconda ondata europea del black metal, la commistione di ferocia e melodia non è certo una novità, così come, qui e là nel disco emergono alcune ingenuità, ma, al netto di queste considerazioni, è impossibile non capire la qualità delle composizioni, da cogliere con ripetuti ascolti che ne "spazzano" l'apparente superficialità, e, lo ripeto, la passione, reale, che trasuda dalle note musicali di un indigeno americano che ama quello che fa e lo trasmette con chiarezza e selvaggia veemenza.
Un nuovo centro, quindi, per un artista da tenere sott'occhio e dal quale mi aspetto una ulteriore crescita che possa portarlo ai vertici della scena, sommersa, dell'Indigenous American Black Metal, così come ad un riscatto "morale" per quello che, in un passato nemmeno troppo lontano, il suo popolo ha dovuto subire.
Album da fare proprio senza remore.
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