All'interno della scena black metal norvegese degli anni '90, se c'è un gruppo di culto che ha saputo, molto più di altri nomi ben più famosi, definire il concetto di gelo e misantropia in musica, questo è quello dei Manes: i loro primi demo, registrati tra il 1993 ed il 1995, sono l'essenza stessa del nero in musica, ed il loro primo album "Under Ein Blodraud Maane", in sostanza una raccolta dei demo stessi, un
capolavoro senza tempo.
Dopo quel disco, in una carriera per certi versi accostabile a quella degli Ulver, il gruppo di Trondheim si allontanava del tutto dal black, incidendo una serie di lavori "sperimentali", uno più bello dell'altro, che testimoniavano e testimoniano la genialità di
Tor-Helge Skei, da sempre cuore pulsante dei Nostri.
Tuttavia, l'anima oscura e tormentata dei Manes, evidentemente, non era sopita, perché nel 2011, riunitosi con lo storico singer
Sargatanas, il buon
Tor-Helge, ripreso il war name di
Cernunnus, fondava i
Manii e incideva, due anni dopo, il primo lavoro
"Kollaps" al quale, nel 2018, seguiva
"Sinnets Irrganger", due album di black metal dai contorni doom che, personalmente, non mi avevano convinto più di tanto, forse perché ci avevo sentito poca passione.
I miei dubbi, e ne avevo tanti, vengono invece spazzati via da
"Innerst I Mørket", spiazzante ritorno dei
Manii i quali registrano un solo brano, di oltre 37 minuti, nel quale rivive, letteralmente, la magia dei primi Manes, con quelle atmosfere lancinanti, fredde e deprimenti innalzate a livello di arte nel disco citato più in alto.
Cernunnus, dopo tanti anni, scrive una manciata di riff e di armonizzazioni di chitarra da antologia, cesella alcune partiture di tastiera, magistrali e alienanti, in pieno Manes style, arricchisce il tutto con momenti di puro ambient davvero spaventoso mentre
Sargatanas, in stato di grazia, si fa interprete di una prova vocale inquietante vomitata direttamente dall'inferno più oscuro.
"Innerst I Mørket" è un album "antico", desolato, opprimente e spettrale, in grado di evocare un livello di malessere non facile da rappresentare, ed è espressione, inappagabile, della disperazione dell'esistenza e del disprezzo di sé, una espressione nerissima giocata su un suono scarno, ma non povero, e su "melodie" impressionanti per la loro forza malata.
La mia, forse, è solo nostalgia per un suono che non esiste più, e, forse, i
Manii ci stanno prendendo in giro, ma dalla mia testa questo album, ed il suo dolore, non escono più, facendomi anelare, con forza ancora maggiore, l'arrivo dell'autunno che servirà a sublimare la grigia magia di
"Innerst I Mørket" e la sua impenetrabile, depressa, oscurità.
Emozioni di ciò che era una volta.