Ammetto senza difficoltà di appartenere a coloro che non hanno apprezzato particolarmente
“Viktoria”, lavoro che ho trovato esclusivamente muscolare, con pochissima anima e tanto mestiere.
Ovviamente non ha scalfito l’ammirazione che provo per la band guidata da
Morgan Håkansson – quando si è in circolazione da oltre trenta anni non si può pretendere che tutte le ciambelle escano con il buco – da sempre pronta a diffondere il Verbo del Black Metal in ogni angolo del globo.
Passati nel frattempo da quartetto a terzetto in seguito al licenziamento per scarsissima professionalità del bassista
Joel Lindholm durante l’esibizione all’Inceneration Festival, i
Marduk hanno continuato a lavorare come se niente fosse dando alle stampe “
Memento Mori “, quindicesimo album in studio e quarto pubblicato attraverso
Century Media.
E’ bastato un rapido ascolto per capire che questa volta la ciambella è uscita dal forno come da ricetta, anzi maliziosamente posso dire che “
Memento Mori” è un lavoro moderatamente ruffiano, che non nasconde, anzi sfoggia, quei richiami al passato – torniamo indietro ai primi anni duemila, indicativamente fra
“La Grande Danse Macabre” e
“Plague Angel” - che tanto piacciano ai fan della band svedese.
Il disco parte forte con la titletrack,
“Heart of the funeral” e
"Blood of the funeral”, brani secchi e senza fronzoli in cui la velocità la fa da padrona, scuotendo l’ascoltatore in un turbinio di blast beat. Il fiato si riprende con la quarta traccia, l’epica marcia funebre “
Shovel beats sceptre” – uno dei migliori episodi di
“Memento Mori” – in cui l’atmosfera macabra equilibra la furia iconoclasta del terzetto precedente.
La parte centrale del disco si compone di “
Charlatan” – brano cadenzato che attinge a piene mani nel repertorio della band, quel “già sentito che funziona” –
“Coffin carol” e
“Marching bones” che riportano il metronomo a ticchettare furiosamente con un
Bloodhammer scatenato dietro le pelli.
Il sample di un vento funereo introduce
“Year of the maggot”, pezzo in cui gli echi passati di cui sopra si fanno sentire con decisione, e ci accompagna alla parte finale di
“Memento Mori” che si congeda con
“Red tree of blood” e
“As we are”, quest’ultimo riporta in superficie l’anima mortifera dei
Marduk con
Mortuus che si prende la scena con prepotenza conducendo le anime dannate come un nocchiero infernale.
“Memento Mori” ci riconsegna dei
Marduk tirati a lucido, una band che non ha intenzione di riposarsi sugli allori vivendo appagata della gloria che fu. Davvero un buon modo per iniziare il mese di settembre.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?