Non sono per niente d’accordo sulle scelte operate dagli svedesi
Domino Drive per la presentazione del loro esordio discografico. Per quale ragione designare come singoli di “
Smoke and mirrors” i due pezzi più anonimi dell’opera, per di più piazzati all’apertura dell’albo?
Sembra davvero una soluzione quasi “autolesionista”, anche perché dalla traccia numero tre il programma decolla verso una forma molto più ispirata di
hard melodico evocativo e seducente, da consigliare a chi ama crogiolarsi nei suoni di Treat, Rainbow, Praying Mantis e Magnum.
Una “falsa partenza” che rischia di limitare il gradimento di una formazione tecnicamente piuttosto valida e anche moderatamente “originale” per come riesce a combinare melodie affascinanti ed enfasi melodrammatica ed “eroica”, quest’ultima invero, a tratti, fin un po’ troppo prossima al manierismo.
Una volta escluse “
Starlet queen” e “
Never give up”, gradevoli ma non particolarmente invoglianti, si comincia a fare sul serio con “
Hollywood nights”, con il suo clima solenne e suggestivo (le chitarre hanno addirittura qualcosa dei Queensryche!), seguita dall’altrettanto seducente “
What about us?” una sorta di
AOR sinfonico molto ben congeniato.
“
Maria Dolorosa” prosegue sulla felice falsariga espressiva sfornando una struttura armonica di notevole presa emotiva, così come la
title-track conquista sin dal primo contatto grazie a passionali pulsazioni sonore enfatizzate dalle tastiere e dalla laringe educata di
Jonas Tyskhagen.
La drammatica ballata “
The girl who never was”, cantata in coppia con
Tina Gunnarson (Hexed) ratifica le qualità dei
Domino Drive anche in questo “fondamentale” del genere, mentre nell’ombrosa “
Cul-de-sac” e nei toni epici di “
The Jester King” (i cori “vichinghi” li avrei evitati, però …) i nostri sfornano un saggio delle loro qualità anche nel campo dell’
hard “classico” di retaggio Rainbow-
esco, confermando la ben nota maestria scandinava in tale ambito stilistico.
Rock duro e sonorità
adulte si combinano nuovamente in “
Make waves”, per chiudere in bellezza la scaletta di un disco che intriga nonostante l’avvio in sordina, e consegna i
Domino Drive alla categoria dei gruppi da sottoporre ad un’attenta e scrupolosa osservazione per il futuro.
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