Attivi già da un bel po' di tempo, sin dai primi anni 2000, i
Blessed Curse ne hanno fatta di strada prima di arrivare a questo
'Pray For Armageddon', secondo album in carriera. Conosciuti dapprima come Atrocity, poi cambiati in Devastator nel 2006 pubblicando una manciata di EP, e cambiati ancora definitivamente in Blessed Curse nel 2010, la band pubblica nel 2012 il debut album e devono passare dieci anni prima di sentire nuova musica. Vi sono delle differenze in questo lasso di tempo? Non molte, qualche cambio di lineup e la firma con la
M-Theory Audio, che si è occupata quindi della pubblicazione di questo
'Pray For Armaggedon', che già dalla copertina sembra garantire una proposta certamente impetuosa e diretta.
I
Blessed Curse si presentano con un biglietto di visita fatto di thrash metal molto basilare, che probabilmente non regalerà nessun tipo di sorpresa a chi ascolta, ma che può essere senza ombra di dubbio gradevole per chi invece non ha delle aspettative particolarmente alte, e vuole solo passare un po' di tempo con pezzi non troppo impegnativi come possono essere
'Behader' o
'Into The Dark', un vero e proprio carroarmato che si staglia davanti l'ascoltatore senza possibilità di respiro. I riff presentati non fanno certo granchè per distinguersi l'uno dall'altro, come ad esempio
'Graveyard World' che sarà ripetuto in forma leggermente diversa per tutta la durata del disco, ma a fare la differenza è un po' la voce di
Tyler Satterlee, anche chitarrista tra l'altro, molto secca e pungente che riesce a dare la vitalità giusta quando in alcuni momenti sembra che questa venga meno. Le occasioni dove sembra che la band si risvegli in maniera decisa sembrano anche esserci, come
'Street Freaks', ma poi viene tutto annacquato dopo una manciata di secondi, dove oltrepassati i primi minuti sembra di aver già sentito tutto quello che il gruppo ha da proporre, e anche i pezzi che funzionano maggiormente, prendo
'Subspecies' con un ritornello veramente accattivante, non si notano essendo sovrastati da altri più standard che prevalgono in termini numerici.
Quaranta minuti abbondanti dove di sussulti purtroppo ve ne sono veramente pochi, e quelli che ci sono non riescono a giustificare un disco che, in tutta il suo voler intrattenere senza particolari sforzi (cosa che comunque ho apprezzato), non va oltre una più che discreta sufficienza. Next time.
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